[oblo_image id=”2″]Acqua, come filo rosso che lega tre storie di vita diverse, impreziosendole di simbologia, emotività e introspezione. Si tratta di una pièce teatrale messa in scena al Teatro Libero di Milano, dal 16 al 20 aprile, pensata e rappresentata da tre giovani promesse del teatro, quali: Tamara Calducci, Andrea Macaluso e Mila Vinazin, della compagnia Mercurio Teatro.

Lo spettacolo, articolato in tre efficaci quadri narrativi, è stato tratto da testi originali di Dario Fo e Franca Rame, Valeria Moretti e Max Frisch.

[oblo_image id=”1″]Originale e ben pensata la scelta delle diverse sinossi, recitate, e a volte anche danzate, dai due protagonisti, quali gli stessi Calducci e Macaluso. Per 60 minuti i due attori, da soli, hanno infatti intrattenuto la platea, portando gli spettatori a riflettere su tematiche significative, che hanno spaziato dalla: terra di Sicilia, al malinconico ripensamento verso un amore finito, ambientato nella fredda Parigi. Ma oltre all’acqua, il tema centrale del testo teatrale, è soprattutto il confronto tra un uomo e una donna, tra le loro fragilità, la loro forza, le loro inquietudini e il loro rincorrersi senza arrivare a toccarsi veramente mai. Uomini e donne quindi disegnati nella loro ineluttabile diversità, ma che nella disperazione della solitudine, fanno dell’acqua il simbolo della necessità, del desiderio, del ricordo. Acqua quindi, che da corollario del paesaggio, crea il pathos divenendo co-protagonista del quadro rappresentato, senza la presenza della quale la narrazione delle vicende perderebbe di efficacia interpretativa e del significato recondito.
La prima vicenda, totalmente recitata in siciliano, ha proposto un dialogo/ non dialogo tra una madre e un figlio che hanno rivissuto il dramma dell’assassinio del padre sindacalista, ucciso dalla mafia che controlla l’acqua della zona. Situazione che non permette ai contadini di irrigare i campi lasciandoli di conseguenza nella miseria. La fine nefasta del padre toccherà anche al figlio, protagonista di una nuova lotta sempre per l’approvvigionamento dell’acqua, vista quindi come necessità e fonte di vita.

[oblo_image id=”3″]Un cambio di abiti, ma non di scena, che è sempre rimasta essenziale e scura, per far risaltare il movimento e la recitazione dei protagonisti, ha caratterizzato il proseguimento della rappresentazione. Ed ecco quindi lo spettatore, essere catapultato, quasi di sorpresa, in un’altra dimensione ed epoca, con la messa in scena di un’altra storia. Piove e un ladro entra nella casa di una giovane poetessa, sola e malinconica. Due mondi distanti, lui un bandito, lei che ha fatto della cultura una ragione di vita; si incontrano, annusandosi di desiderio, ma solo sfiorando la vera intimità, che rimane comunque un’intenzione mancata.

[oblo_image id=”4″]Meravigliosamente intensae tratta da un testo di Frisch, è stata la rappresentazione dell’ultima vicenda. Un uomo dopo diversi anni torna a Parigi, e si siede sulla stessa panchina dove un tempo ha parlato per l’ultima volta a l’unico amore della sua vita. Il ricordo prende consistenza, e la donna riappare, nella sua mente, (qui in carne ed ossa) ripetendo le medesime parole di allora, che lui disperatamente cerca di ricordare con maniacale masochismo. E’ la pioggia che cade, ora come allora, a proiettare il protagonista in una dimensione di disperata illusione: “dì qualcosa, Francine! Qualcosa che non hai detto allora!”- ripete l’amante, logorato dal rimorso e dalla disperazione, come se attraverso la memoria volesse ridisegnare il corso della storia. Ma intanto continua a piovere, e gli amanti cominciano a rincorrersi, in una disperata e inutile fuga contro il tempo, senza mai raggiungersi, però.

Innovativo, e ben interpretato dagli attori, lo spettacolo è stato accompagnato dalla chitarra di Riccardo Amadei, mentre le scene e i costumi sono stati ideati da Gabriella Palazzo. La pièce si è avvalsa della collaborazione della Scuola di Teatro di Bologna Alessandra Galante Garrone.

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