Abel Ferrara nasce nel Bronx nel 1952 nel quartiere di Fordham. A tredici anni la sua famiglia si trasferisce a Peekskill, a nord di New York: qui incontra due ragazzi amanti del cinema, Nicholas St. John (sceneggiatori di numerosi suoi film)e John McIntyre. Insieme realizzeranno i primi lavori cinematografici, fondando a metà degli anni settanta la “Navaron Film” che produce il film porno “Nine Lives of a Wet Pussy “ , la prima prova da regista di Ferrara che si firma con lo pseudonimo di Jimmy Boy L. . Il suo secondo film, “Driller Killer”, lo vedrà anche protagonista, con lo pseudonimo di Jimmy Laine.

Il maestro rappresenta di sicuro una delle figure più anticonformiste della storia del cinema. E’ un giudice che porta in tribunale la società Americana: l’accusa è ipocrisia, falsità e immoralità. La sentenza è di colpevolezza e la condanna è quella di essere esposta alla pubblica gogna della pellicola, senza censure e senza limiti, rappresentando rudemente la sua realtà, madre di tutte le psicosi metropolitane che sono la base del lavoro del maestro. Il protagonista vive dentro di se tutto questo degrado, lo sente mentre scava e corrode il suo animo, si ciba della sua vitalità, della sua umanità, imbarbarendolo. Una sinfonia di dolore, nella quale la debolezza umana viene messa in risalto senza pudore, e la comprensione e la pietà sono bandite: il protagonista è abbandonato a se stesso, perso in se stesso, triste e patetico negli abusi di potere che compie e negli eccessi negativi che raggiunge,con i quali cerca di ottundere la sua autocoscienza e di dimostrare a se stesso una forza che sa non esistere, per non abbandonarsi alla disperazione. A questa sensazione di nausea reagisce scalciando, urlando, bestemmiando, sparando e ammazzando senza rispetto nella penombra di una America viscida e sudicia. Le storie raccontate sottolineano come questa specie di virus non risparmi nessun grado della società: il poliziotto, acido e senza rispetto, l’artista, meschino e traditore, le turbe psichiche di una star , la spietatezza di un gangster, tutti contagiati e avvelenati da questo regresso sociale. L’amalgama di tutto questo delirio è la violenza, sempre in agguato: lei è la lama che colpisce improvvisa e devastante, disturba e scuote l’animo e lo sguardo dello spettatore con il suo carattere inaudito e il suo crudo realismo, vera grande peculiarità della poetica del maestro. Essa è perpetrata senza ritegno e attacca lo spettatore faccia a faccia, vile ed esasperante, oppure lo sorprende alle spalle in un momento di calma, di riflessione o di distrazione, efferata e monumentale. E alla fine, quando tutto sembra perduto per il protagonista, ecco che questo cerca la catarsi in uno disperato slancio di umana redenzione. Con quest’ultima mossa il maestro celebra la sua sfida alla società mostrando che l’individuo pur con grande difficoltà ed incertezza a dispetto del grigiore che lo circonda può riuscire a prendere congedo dalla follia e dalla banalità in cui verte la società, salvando la propria vita.

Riguardo la messa in scena, il maestro abbraccia le sequenze con l’oscurità, covo dei suoi turbamenti, nella quale la sua esasperante visionarietà trova fertile terreno. Si tratta di paesaggi per lo più notturni, con poche eccezioni ,abitati da personaggi ambigui a tratti affascinanti, di una eleganze sporca e scomposta. La direzione degli attori è precisa e curata nei minimi particolari e, in unione ad una scenografia pervasa da una intrinseca desolazione (spesso morale), crea nello spettatore la sensazione di un angosciante coinvolgimento nella ruvidezza delle vicende. Esasperando la realtà e rendendo tributo alla sua natura violenta, l’autore con un colpo di acceleratore sorpassa i maestri del genere ( Scorsese, Coppola,De Palma ) salutandoli con la mano, oltrepassa il loro esasperato tecnicismo dando spazio al colpo di scena, all’impatto violento e improvviso, trascinando lo spettatore in un lugubre incubo di violenza dove la luce della speranza e della salvezza sembra tanto viva quanto paurosamente distante.

Sì, in America i censori devastano i miei film. Ma io me ne frego, non sono disposto a scendere a compromessi. I miei film non sono per tutti. Me ne frego se turbano le casalinghe di Beverly Hills. Ed è questa l’essenza di questo grande artista, capace di far esplodere la sua creatività in modo così oscuramente spontaneo come solo chi è disposto a non scendere mai a compromessi è capace di fare. Un osservatore della realtà, che filtra l’esperienza attraverso le sue turbe e la rimanda in pellicola riproducendo tutti quei mostri urbani che la moderna concezione di società ha prodotto, sconvolgendo le viscere di qualunque spettatore, sbattendo la sua testa contro una realtà che mai gli era apparsa così mostruosa.

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