[oblo_image id=”1″] Almeno una volta all’anno si grida all’emergenza rifiuti,una piaga che più o meno colpisce tutto il sud Italia ma che per cause politico-sociali risapute, incalza particolarmente nella regione Campania. Napoli e dintorni si trovano spesso a dover combattere, in questi giorni in modo particolare, il collasso delle discariche ormai stracolme e con la resistenza dei cittadini alle decisioni governative di aprire altre discariche o impiantare nuovi inceneritori. Episodi sicuramente già visti ma che di anno in anno preoccupano sempre di più: le statistiche parlano infatti di un continuo aumento degli scarti. Una situazione a cui i governi, di volta in volta, non sono riusciti a far fronte e che ora sono stati costretti a fronteggiare chiedendo la “solidarietà nazionale”. In questo modo all’improvviso altre regioni del sud Italia si sono ritrovate a dover risolvere un problema di per se difficoltoso ma che stavolta è stato acuito dall’ira delle comunità locali. Le reazione di intolleranza civile si sono verificate soprattutto in Sardegna, una regione che nel passato è stata teatro di altre situazioni d’emergenza (come lo smaltimento di scorie nucleari straniere), e che trema alla possibilità di diventare patria degli inceneritori. Perchè è di inceneritori che si parla . E vista la risaputa pericolosità di tali sistemi la popolazione non ci sta. Sicuramente impianti di smaltimento più puliti non preoccuperebbero cosi tanto le comunità locali, ed ecco perché ora più che mai si parla delle nuove tecnologie esistenti sul mercato.

In particolare già da qualche anno è in funzione un modernissimo sistema di smaltimento che, diversamente dalle classiche discariche e termovalorizzatori, permette di ridurre drasticamente gli scarti nocivi naturalmente rilasciati dal processo . Tali impianti si chiamano Sistemi di trattamento meccanico biologici e, quasi miracolosamente non prevedono alcun tipo di trattamento termico! In realtà si tratta di un vecchio processo (quello del compostaggio) che via via è stato modernizzato sino a raggiungere esiti straordinari. In sintesi, il residuo delle raccolte differenziate entra nell’impianto e viene separato meccanicamente in diversi flussi (relativi ai vari materiali presenti: vetro, metalli, plastiche…). La parte organica separata dal residuo inorganico è ulteriormente separata per sottoporla in parte al compostaggio (per creare un compost per riempimenti e opere di copertura di discariche) e in parte alla digestione anaerobica per produrre biogas (impiegato come combustibile).

In questo modo in discarica vi andrà non più del 30% degli scarti residui formati da materiali organici stabilizzati la cui potenzialità inquinante e’ ridotta del 90%. Questa filiera di trattamento, molto meno inquinante dei processi di incenerimento (termovalorizzatori) che comunque prevedono il ricorso a discariche per la collocazione di scorie e ceneri tossiche per circa il 30% dei rifiuti bruciati, presenta capacità di recupero di flussi di energia e soprattutto di materiali estremamente significativi. Lo stesso quadro di “emissioni di CO2 evitate” non ha confronti con altre modalità di trattamento e di smaltimento. Inoltre, la collocazione in discarica di ciò che non e’ recuperabile riguarda rifiuti con potenzialità di emissione di fastidiosi odori non paragonabili a discariche.

Il TMB presume comunque alla base una attenta raccolta differenziata in modo tale da far entrare nel processo solo una piccola percentuale dei rifiuti (quelli non riciclabili) e per questo motivo ben si presta a essere impiantato in Sardegna dove questa pratica è in uso nel 70% del territorio e che rischia, per le condizioni di bassa densità, a diventare la “patria dei termovalorizzatori”.

Questo sistema di gestione a freddo dei rifiuti, già ampiamente usato in Australia, Germania ma pure in Italia, rappresenta sicuramente la soluzione migliore per stabilizzare la situazione dei rifiuti, ma dovrebbe comunque essere unita a un impegno legislativo per ridurre la creazione di rifiuti procapite (140 t in Italia!) e sopratutto per assicurare il diritto all’ambiente come diritto umano.

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