[oblo_image id=”1″] La Spagna va avanti. Con pieno merito e con la convinzione di essere ancora la favorita per questi Europei. L’Italia esce. Lo fa a testa alta, con la dignità che si addice alla squadra campione del mondo in carica. Se saper vincere è difficile, ci vuole stile quando si perde. Nell’edizione passata, ci eravamo “distinti” per lo sputo di Totti. In altre occasioni avevamo mostrato il peggio di noi con gomitate e scenate isteriche. Stavolta sul piano comportamentale non abbiamo alcuna macchia da nascondere. Abbiamo lottato contro una squadra più giovane, brillante oltre che con valori tecnici assoluti. Lo abbiamo fatto con le armi che conosciamo meglio: strenua difesa e contropiede. Non è bastato. Anche perchè il calcio si diverte a seguire una strana legge del contrappasso. Due anni fa i rigori ci hanno restituito quello che la Francia ci aveva tolto ai Mondiali ’98 e agli Europei 2000; ora è la Spagna a riscattare i crediti con la sorte che la lascia a mani vuote da 44 anni.

Non ha senso prendersela con la sfortuna, meglio accettare il verdetto del campo fermandosi magari a riflettere su ciò che è stato fatto. Senza cercare colpevoli da mandare al patibolo. Donadoni ha convissuto con un fastidioso ostracismo. Gli veniva rinfacciato un curriculum da allenatore ancora acerbo, il carattere a volte troppo spigoloso e il non essere un comunicatore da proclami in conferenza stampa. Magari è anche vero, ma di certo non è colpa sua se è stato scelto come erede di Lippi. Ha accettato l’incarico senza stravolgere se stesso. Ha usato buon senso e moderazione. Tuttavia, nel calcio dominano gli eccessi, la normalità non è ben vista. Forse la sua avventura  sulla panchina azzurra è giunta al capolinea. Qualunque decisione venga presa, non si può comunque continuare con equivoci sul contratto e con frecciatine dalla Federazione. Nessun allenatore si merita di lavorare tra la diffidenza di chi lo circonda: se si crede nel suo progetto, bisogna alleggerirlo dalle polemiche. Altrimenti meglio dividere le strade.

Cosa altro ci rimane di questi europei metà austriaci e metà svizzeri? La convinzione che un ciclo sia finito – anche se quella Coppa consegna ai posteri il gruppo di Berlino – e la speranza che da De Rossi a Chiellini stiano già crescendo i leader del futuro. E per congedarci degnamente, rendiamo onore ai vincitori ancora in corsa per un traguardo storico. Buena suerte, Espana. Per la rivincita ci sarà tempo…

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