[oblo_image id=”1″]Il cinema negli ultimi anni aveva un po’ trascurato la tematica del lavoro, forse perché la considerava una realtà di cui altri dovevano occuparsi. Da qualche tempo invece c’è una maggiore attenzione rispetto a questo tema, così importante e cruciale nelle nostre vite, e siamo contenti di vedere che molti autori si siano messi all’opera per attirare l’attenzione della società civile sul mondo del lavoro, uno di questi è il regista Daniele Segre, che ha voluto mettere le mani nella parte forse più atroce di questo mondo, le cosiddette morti bianche. E’ una conta dei morti da guerra civile che nessun Paese può permettersi. Quella delle morti bianche è una realtà che spazza via le differenze geografiche e che lega l’Italia tutta, da nord a sud. Tutti noi ci auguriamo che il lavoro possa tornare ad essere il centro delle discussioni civili e politiche di questo paese, ed il 60° anniversario della Costituzione, che al primo articolo recita proprio “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro” ce ne dovrebbe fornire ulteriore occasione, perché di questo lascito dei padri costituenti ce ne stiamo tragicamente dimenticando. Se ne parla certo, ma forse le oltre 1300 persone che ogni anno perdono la vita sul posto di lavoro, meritano qualcosa di più delle parole, e non bastano certo le immagini di un film a risolvere questo problema, perché è vero sì che “altri” devono occuparsi di porre fine a questo stillicidio, ma è pur sempre un bene parlarne. Il film documentario di Daniele Segre si intitola “Morire di Lavoro”, ed è dedicato a tutti coloro che hanno perso la vita sul posto di lavoro. Daniele Segre, aveva annunciato il suo film allo scorso Torino Film Festival, e lo ha presentato in anteprima nazionale alla Camera dei Deputati. Ad oggi non è dato sapere se noi comuni spettatori potremo mai vederlo sugli schermi, ma tutti ci auguriamo che i volti e le voci dei protagonisti riescano ad entrare nelle nostre case e riescano a raccontarci cosa vuol dire morire di lavoro. E’ un film che non solo si propone di sollevare l’attenzione su questo tema, ma vuole diventare uno strumento di informazione e cultura sulla prevenzione reale sui luoghi di lavoro. E’ un documentario strutturato come un viaggio dal Nord al Sud di questo nostro Paese, ed è la raccolta delle testimonianze dei lavoratori, ed è strutturato in un susseguirsi dei volti e delle voci di chi li ha visti uscire di casa la mattina senza farvi rientro la sera. Quella di Segre è un po’ una denuncia affinché chi di dovere si assuma l’impegno di garantire un lavoro più sicuro, non solo in termini di precariato, ma anche e soprattutto di vita stessa. Il film è un atto di denuncia su una realtà troppo spesso taciuta e dimenticata, ed è un invito a non trascurare il fatto che un Paese che non rispetta i suoi lavoratori è a rischio democrazia.