Citando la – cosiddetta – strage degli innocenti, il pensiero rievoca il Vangelo secondo Matteo. Nel capitolo 2 si narra un episodio che riguarda le persone: una “mattanza” di neonati che avrebbero potuto nuocere al re Erode. È una figurazione mentale che richiama scene cruente, rastrellamenti di bambini, violenza determinata all’eliminazione preventiva di potenziali nemici del potere.
Il richiamo a questa storia, che sia corrispondente al vero o mera propaganda, comunque mi è sorto recentemente, visitando la mostra fotografica di Mitch Epstein, presso Gallerie d’Italia, a Torino. In particolare l’ultima opera di Epstein, intitolata Old Growth “celebra le antiche foreste sopravvissute in regioni remote degli Stati Uniti. La quasi totalità delle antiche foreste americane, circa il 95%, è stato infatti distrutto nel secolo scorso. Epstein ha deciso di fotografare singoli alberi e biosistemi interdipendenti che sono sopravvissuti per secoli, molti per millenni. “
Davanti a queste stampe formato 184×147 cm, sono rimasto colpito dall’effetto congiunto tra la capacità fotografica dell’autore, la preziosa nitidezza – derivante dalla ripresa in grande formato su pellicola piana 10×12 cm – e la sensazione di meraviglia che gli alberi mi hanno sempre suscitato. Potrei dire quasi, senza cedere all’enfasi descrittiva, che il visitatore può sentirsi “entrare” nell’immagine, come fosse lì nel bosco, al sicuro, accolto da millenari antenati.
Il primo pensiero è andato immediatamente alla foresta degli Ent, gli alberi-personaggi fatati descritti ne Il Signore degli Anelli, di J.R.R. Tolkien. La sensazione è durata intensamente per un po’ e l’ho lasciata agire nell’interiore, per gustarne tutte le sfumature. Proseguendo nel percorso della mostra si giunge ad una sala, l’Arena, ove si assiste alla proiezione di immagini in bianco e nero del fotografo di inizio XX secolo Darius Kinsey (1859-1945), che mostra “eroici taglialegna in posa accanto a enormi alberi abbattuti nel nord-ovest americano.”
È stato il momento più difficile. Le foto di quell’epoca documentano la vera strage degli innocenti avvenuta nei primi anni del Novecento, da parte di uomini privi di ogni scrupolo e, soprattutto, di rispetto per altri esseri viventi. Abeti, pini, sequoie ed altri alberi plurisecolari, demoliti con seghe e accette, mostrati come trofei di caccia. Certo parliamo di un periodo in cui, come si dice in una didascalia, non vi era ancora la consapevolezza di creare un danno ecologico a lungo termine… ma io non ci credo. Basta pensare a cosa sta succedendo ancora oggi nelle foreste pluviali.
Credo invece che sia sempre stato anteposto il profitto a tutte le altre eventuali precauzioni. Anche le persone al lavoro non godevano del dovuto rispetto, le condizioni di vita dei boscaioli – le immagini non mentono – erano a dir poco precarie, se non disumane. Qualcuno dice che allora non se ne teneva conto, era così e basta. In ogni caso, per me è stato un passaggio doloroso: da colore e gioia per gli alberi di oggi, che sopravvivono quasi per miracolo, al triste bianco e nero della strage degli innocenti operata nel passato. Esseri animali che hanno abbattuto personalità vegetali in vita da quando nessuno di noi, forse, era neppure in programma di giungere su questo pianeta.