In Bruges
di Martin McDonagh
Regno unito – USA, 2008
Nomination: miglior sceneggiatura originale (Martin McDonagh)
[oblo_image id=”2″]L’esordio alla regia cinematografica di Martin McDonagh produce un’opera di grande interesse, che, grazie ad una originale sceneggiatura (firmata dallo stesso regista) si candida agli Oscar 2009. Il suo In Bruges – la coscienza dell’assassino mostra già un’ottima padronanza del linguaggio audiovisivo, avviandolo con successo a una nuova carriera creativa.
La trama di In Bruges ruota su un incidente già avvenuto, mostrato poi in flashback, consistente nell’uccisione involontaria di un bambino. Questo episodio innesca due meccanismi che mettono in crisi lo spavaldo mondo degli assassini. Il primo è il silenzioso brusio della coscienza, che genera nell’assassino un tale senso di colpa da fargli sfiorare il suicidio. L’altro attiva invece una questione d’onore, che spinge il boss londinese a essere prima mandante poi esecutore egli stesso di un omicidio punitivo, resosi necessario per compensare l’infanticidio.
McDonagh non rimane sulla via del noir e del thriller, al contrario intraprende quella della commedia farsesca, che si contamina con gli altri due generi. L’assurdo soffermarsi su banali dettagli oppure su questioni linguistiche (vedi il dialogo col killer russo a proposito del significato di “alcova”) mentre si sta parlando di uno spargimento di sangue non può non risultare comico.
[oblo_image id=”1″]Un interessante ruolo semantico lo svolge poi lo stesso contesto ambientale: un borgo medievale a nord del Belgio. Il paesaggio urbano che conserva l’aspetto quasi intatto di uno scenario storico contribuisce a ribadire il senso della crisi individuale (dovuta alla coscienza), perché recide ogni legame sociale e culturale con l’ambiente familiare. L’incanto della cittadina, la sua perfetta conservazione che la pone ai confini di una configurazione anonima (quasi un non-luogo), non fanno altro che segnalare la sua ambiguità, oscillante tra l’aspetto noioso e monotono, come appare agli occhi di Ray, e quello affascinante ed esotico, apprezzato da Ken. Mentre quest’ultimo si interessa alla città belga con curiosità turistica, per il primo, il killer tormentato dal suo errore, essere costretto a rimanere in un paesaggio con cui non ha relazioni e vincoli è una sofferenza, in quanto risulta incapace di superare i propri confini mentali. Ad ogni modo per entrambi la relazione con il paesaggio è banale e superficiale, in quanto li lascia confinati nel proprio ruolo di killer, fino alla fine, quando trasformano Bruges nella tragica quinta di una scena da thriller.