Il cacciatore di larve
Il cacciatore di larve
Recensione Il cacciatore di larve

Una gamba di legno, un pensionamento precoce e molto, moltissimo tempo libero. Ecco cos’è rimasto ad ‘Abdallah Harfash, detto Farfàr, dopo una vita dedicata ai Servizi Segreti del suo Paese. Inizia così a germogliare nella sua testa un’idea piuttosto bislacca: «Scriverò un romanzo. Sì, scriverò». Un germoglio che si fa ogni giorno più ingombrante, tanto da diventare una vera e propria ossessione.

Che ci vorrà, poi, per scrivere un romanzo? D’altronde Farfàr ha letto addirittura due libri nella sua vita: un volumetto sui trucchi dei maghi, ed un libro illegale, sequestrato ad uno dei suoi osservati speciali, il libraio cristiano R.M. Una raccolta di raccontini stuzzicanti sugli usi matrimoniali di varie parti del mondo.

Così, sospinto dall’incrollabile pragmatismo che ha coltivato in una vita di spionaggi, decide di affidarsi ad un vero e proprio maestro, il grande scrittore A.T., che trascorre le sue giornate ai tavolini del Palazzo del Sicomoro: un covo di intellettuali, dissidenti politici e piccoli delinquenti. Inizia così il tirocinio letterario di ‘Abdallah Harfash per le strade affollate di una imprecisata città africana, nel tentativo di carpire al maestro i segreti della vera arte. Solo così potrà sviluppare le sue larve, i raccontini che scribacchia sui foglietti gialli lasciatigli dalle forze di Sicurezza Nazionale, eredi dei succinti rapporti che scriveva durante il suo lavoro spionistico. Solo così potrà dar vita ad una vera farfalla, e fare il suo glorioso ingresso nel mondo della letteratura.

Ovviamente, le cose non andranno proprio come previsto, e Farfàr scoprirà che scrivere un romanzo è impresa molto più difficile di quanto non si fosse aspettato, soprattutto per un funzionario del tutto privo di fantasia come lui. Arrogante, ingenuotto, solo e pieno di sogni di grandezza, Farfàr ci schiude un ampio ventaglio di personaggi e storie, in un interessante intrecciarsi di rimandi narrativi e stralci tratti da romanzi fittizi, incipit subito abortiti e racconti-larva. Uno stile che riporterà molti lettori italiani a vaghi sentori di Calvino e Pirandello.

Il cacciatore di larve non è solamente un romanzo di formazione a sghimbescio, ma anche il tramite attraverso cui l’autore disvela le manie e le paranoie comuni a molti governi arabo-africani. Una critica mai pesante, ma che guarda con sarcasmo al potere per metterne a nudo la stupidità con cui si cerca di eliminare ogni spazio creativo e a spiare nell’intimo di ogni abitante, alla caccia di un nemico immaginario ma sempre in agguato. Una critica che non risparmia nemmeno gli intellettuali, spesso troppo timorosi o deboli per opporsi a quella situazione.

L’autore di questo gioiellino, Amir Tag Elsir, è poco più che un perfetto sconosciuto da queste parti, ma è piuttosto affermato nel mondo della letteratura araba. Sudanese di nascita, ha studiato medicina in Egitto ed Inghilterra. Ora vive e lavora come ginecologo in Qatar, dove ha già pubblicato 16 volumi, tra romanzi e poesie. Il cacciatore di larve, finalista all’IPAF (International Prize for Arabic Fiction) del 2011, è il suo primo romanzo a sbarcare in Italia, per i tipi di Nottetempo Edizioni. Una lettura piacevole e leggera, consigliatissima a chiunque voglia esplorare territori letterari spesso troppo trascurati in Europa.

Samuele Brignone http://i100libri.com

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