Foto ©Marco Baracco

La fotografia in bianco e nero offre la possibilità di apprezzare l’intera gamma di sfumature che si estende tra i due valori assoluti: il bianco è la massima presenza di luce, il nero la completa assenza. E tutto quello che c’è in mezzo?

Ai tempi della scuola superiore ho iniziato a studiare le immagini dei fotografi più famosi, dai reporter ai paesaggisti, imparando ad apprezzarne pensiero, metodi e significati. Erano gli anni Settanta e si usava prevalentemente la pellicola bianco e nero. La sfida era riuscire a trarre i migliori risultati sperimentando varie tipologie di ripresa e di stampa, combinazioni tra pellicole, bagni chimici e tipi di carta, una scelta di tempo da trascorrere in giro e in camera oscura. Momenti affascinanti, con gli occhi al mirino, gli stessi che poi avrebbero messo a fuoco sul piano dell’ingranditore e atteso l’apparire dell’immagine sulla carta durante lo sviluppo.

Foto ©Marco Baracco

C’è un fotografo che apprezzo profondamente e che ha significato molto per il mio percorso: Henri Cartier-Bresson. Nelle sue immagini ho visto e cercato di capire ogni singola gradazione di luce. Ho voluto studiare e interpretare la sua scelta delle tonalità di grigio tra il bianco e il nero. È lì, in quello spazio variabilmente indefinito, che si cela la maggior parte del messaggio.

Foto ©Marco Baracco

È nelle differenze tra le parti in luce e quelle in ombra, dove il soggetto si muove e comunica. Per estensione, mi ricorda quanto udii da un guru indiano, il quale disse:«Quando non ci saremo più, sulla nostra lapide saranno incise la date di nascita e di morte, separate da un trattino: quel piccolo simbolo rappresenterà la nostra vita». Mi piace allora pensare che quel tratto grafico non abbia inizio né fine e che sia in grado di contenere ogni sfumatura della nostra storia: come una scala di grigi, quello che c’è in mezzo tra il nero assoluto e il bianco più luminoso.

Foto ©Marco Baracco

Aperta al pubblico il 14 febbraio, fino al 2 giugno CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, presenta a Torino Henri Cartier-Bresson e l’Italia. Attraverso 160 fotografie vintage e numerosi documenti – giornali, riviste, volumi –, la mostra ripercorre le tappe di un rapporto iniziato negli anni Trenta e proseguito sino al momento in cui Cartier-Bresson ha abbandonato la fotografia, negli anni Settanta. Tutte le fotografie presentate sono stampe alla gelatina d’argento dell’autore, che sono conservate presso la Fondation Henri Cartier-Bresson, Parigi.

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