«Fotografare è porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore. E’ un modo di vivere». Questa massima di Henri Cartier-Bresson è stata una delle mie guide più importanti. Da quando la lessi per la prima volta, a scuola su di un libro di testo, è sempre rimasta con me. A quel tempo, in terza superiore, ho avuto anche la fortuna di avere un ottimo professore di storia dell’arte. Vedendolo dal punto di vista di Cartier-Bresson, l’ho sempre reputato come una persona illuminata.
Del resto la parola “fotografia”, etimologicamente, significa “scrivere con la luce”. Il professore ci insegnava quindi a scrivere. Le sue lezioni erano ricche di enfasi passionale, trasmessa dalla luce dei suoi occhi. La luce quindi mi ha pervaso da ogni lato, permettendomi di acquisire la necessaria ispirazione ed ottenere immagini significative; già dai bozzetti – tratteggiati con la tecnica dell’acquerello – si poteva intuire lo stile da applicare nella successiva ripresa fotografica. Una grande scuola, forse roba d’altri tempi, comunque per me è stata la scintilla che tiene ancora vivo il lume della curiosità e della creatività.
L’approccio al mezzo tecnico – la macchina fotografica – continua ad avere un fascino particolare. Anche questo è un modo di vivere. Quando osservo e vedo qualcosa che vorrei fotografare, l’atto di porre l’occhio al mirino riesce sempre a suscitare un’emozione. È questa la spinta interiore che permette di selezionare cosa includere nel quadro della ripresa. Molto spesso ciò che si percepisce attraverso la visione tridimensionale con gli occhi, una volta ridotto all’interno del mirino perde sostanza. L’arte sta nel riuscire a produrre un’interpretazione bidimensionale dello spazio inquadrato, soprattutto escludendo gli elementi che possono disperdere l’attenzione. A questo scopo preferisco utilizzare in prevalenza l’obiettivo “normale”, per mantenere le proporzioni della visione umana. C’è sempre tempo poi per cambiare punto di ripresa e lavorare con la prospettiva, a seconda del soggetto e della sua distanza dal punto di ripresa. Non è una questione di attrezzatura, l’abilità del fotografo è quella di sapersi adattare, spostarsi, scoprire altri punti di vista, accettare tutto quello che emerge dall’esperienza in atto.
A volte, nell’ambiente naturale, mi trovo di fronte a visioni che “chiedono” di essere fotografate.
Paesaggi dove lasciare lo spirito fondersi con gli elementi, sentirsi aria per viaggiare leggero,
aleggiare sulla superficie del mare o tra le valli alpine. In questo c’è indubbiamente una componente
di fantasia e di immaginazione; forse per qualcuno l’atteggiamento può apparire esagerato. Andare oltre la dimensione materiale delle cose comunque mi restituisce sempre un’iniezione di energia che non è possibile descrivere con le parole, è un modo di vivere diverso. Se dovessi definire questa condizione interiore, probabilmente, potrei dire che mi sento come un “cercatore di poesia”, continuamente alla ricerca di qualcosa che mi faccia sentire in armonia. Il bello del viaggio è che dentrola fotografia c’è una persona. Oltre all’immagine c’è un’emozione che la completa e la trasforma in comunicazione.