«Il genere di cinema o di teatro, di recitazione in genere, che amo di meno è quello intimista, realista, perchè a mio parere non rende evidente il limite tra realtà e menzogna. Recitare sembra un mestiere di imitazione ma non lo è. Recitare è un fatto di ritmo, quasi musicale». Se a dirlo è Laura Morante, una delle attrici preferite da Nanni Moretti (che più intimista di così si muore) la cosa può risultare un po’ inquietante. Ma tant’è. Ed è pure vero che con altri registi l’attrice grossetana più francese che ci sia ha tirato fuori lati ben più… musicali.

[oblo_image id=”1″]Proprio Laura Morante, insieme con il critico Enrico Magrelli, ha tenuto oggi la “Lezione di cinema”, nella seconda giornata dell’ItaliaFilmFest‘, la creatura che Felice Laudadio sta guidando nei suoi primi passi in quel di Bari, Lecce e dintorni. L’attrice ha ripercorso con il pubblico la sua già lunghissima carriera, cominciata negli anni Settanta con Carmelo Bene, con il quale interpretò il ruolo di Ofelia in “Amleto”. Parlando di lui ha detto che “si è trattato di un’esperienza importante non solo da un punto di vista professionale, ma globale. Carmelo Bene usava la parola in maniera viscerale – ha continuato – e poi riusciva a rendere sublime, a far accettare tutto quello che faceva, le sue idee, anche le più strane. Gli piaceva la sfida”.

Un trampolino di lancio non male, visto che poi si è trovata a fare film con Gianni Amelio, Mario Monicelli, Pupi Avati, Gabriele Salvatores, Alain Resnais (quando viveva in Francia), Michele Placido (presidentone della giura del festival pugliese, tra l’altro) e pure Gabriele Muccino. Tante storie, tanti direttori d’orchestra, ma una sola convinzione: “Si deve recitare: tanto più metti dei paletti, definisci dei compiti, tanto meglio riesci a entrare nel personaggio – ha continuato la Morante Si deve far riferimento all’esperienza ma sublimandola, l’approccio psicologico credo sia rischioso: se riesci ad essere credibile quando piangi in un film, lo sarai molto meno quando piangerai per un dolore reale”. E ai giovani aspiranti attori che le chiedevano consigli ha suggerito di investire più nel mestiere che nella carriera. “È molto più difficile – ha detto – essere bravi in un brutto film che in uno bello”.

La Morante che non ti aspetti. Rigorosa, ma spiazzante quando parla del suo rapporto con la professione. “ci ho messo tempo ad affezionarmi al mestiere di attrice, venivo dal mondo della danza e all’inizio le 2 attività si sono sovrapposte; a volte, se parlo con la gente e mi viene chiesto cosa faccio, mi vergogno di dire che sono un’attrice, mi sembra poco serio”. E a questo proposito racconta un aneddoto: “Tempo fa, mentre giravo un film in Grecia, sognai di interpretare una strega che stava per essere condotta sul rogo e che doveva pregare davanti ad una statua della Madonna. Mentre lo sto facendo, mi commuovo e piango: la statua si sporge verso di me e mi dice “Sono attrice anch’io”. Mi sentii finalmente liberata dal senso di vergogna”. Quando si dice la rivelazione divina.

Tra lezioni e proiezioni, la seconda giornata del Festival conferma in ogni caso un successo di pubblico strepitoso. Le sale del cinema sono state prese d’assalto per ogni appuntamento, comprese le repliche di “Galantuomini” di Edoardo Winspeare e “Pranzo di ferragosto” di Gianni di Gregorio. Tutto esaurito anche per gli altri lungometraggi in concorso, tra cui “Il papà di Giovanna” di Pupi Avati, e più di trecento biglietti venduti per l’anteprima del film di John Patrick Shanley Il dubbio“, con Meryl Streep e Philip Seymour Hoffman. E domani, appuntamento con il regista Davide Ferrario che terrà la sua lezione introdotto da Vito Antonelli. Senza trascurare il patron Laudadio che, insieme a David Bush, parlerà delle nuove frontiere del cinema digitale. E la pellicola (forse) trema sul serio.

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