Arte Fiera si è presentata quest’anno molto ricca e variegata, esemplificativa del panorama mondiale dell’arte contemporanea.

Gli stili erano i più diversi, a volte facilmente interpretabili, altre volte meno; talvolta il concetto celato dietro il segno visivo colpiva la mente, in altri casi ti coinvolgeva senza sapere perché. Poche opere dei grandi quattro padiglioni lasciavano indifferenti. Ciò creava una atmosfera di meraviglia e stupore, sia positivo che negativo.

Positivo, perché ci si sorprende che oggi, quando molti dicono che l’arte è conclusa, questa stessa arte sappia coinvolgere, anche esteticamente, in modo così vistoso.

In modo negativo, perché non ci si può non rendere conto che il filo rosso che unisce gran parte della contemporaneità è l’inquietudine, lo stupore e il fascino dell’orrore e dell’indicibile, delle pulsioni nascoste e di quando vengono a galla in tutta la loro violenza.

Ecco quindi che passiamo dal realismo dei bambini sull’erba (fig.1) al realismo modificato del tavolo di ping-pong deformato ma funzionale: l’arte come divertimento, una realtà alternativa che arriva dalla galleria Jablonka di Berlino (fig.2).

L’attualità passa in Fiera attraverso le opere di Patrizia Guerrieri della galleria Photo and contemporary di Torino (fig.3) come un enorme tondo nero, che rende visibile una figura di donna solo quando lo si illumina con una torcia elettrica.

E arriva alla fotografia, da fotoreportage a opera d’arte: “Gold in the morny” di Alfredo Juar (fig.4) dove minatori d’oro si colorano con l’atmosfera del paesaggio.

L’arte interagisce ancora con il pubblico, per esempio le statue della Spirale Arte di Milano (fig.5) in cui si usa la grezzezza dei materiali per produrre figure umane.

Ma l’uomo interagisce anche con altre forme materiali, per esempio con la pasta, anzi si trasfigura in pasta (fig.6) con l’opera di Cindy Skoglund; e la lucentezza della fotografia fa gli uomini vivi, come al di là di un vetro.

Tridimensionale è anche la fotografia di Mimmo Jodice, per la profondità estrema che coglie nello sguardo della statua di Ercolano (fig.7)

La cosa antica continua con il frammento finto-antico di Mitoraj, Osiride addormentato screpolato (fig.8) e le sculture di luce, pura bellezza, di Fabrizio Corneli, dello Studio G7 di Bologna, ottenute con piccole forme di carta perpendicolari alla luce che creano l’immagine ombra. (fig.9)

L’arte si fa quasi classica con la scultura e la fotografia di fiori bianchi: la prima di Gigi Guadagnucci, la seconda di Vittorio Gui, rappresentano la medesima cosa con prospettive differenti. (fig.10)

L’inquietudine fa da casa, come sopra detto.

Alcune opere senza titolo, come questo disegno su carta (fig.11), oppure l’opera della galleria giapponese Mizuma (fig.12) non hanno necessità di essere commentati.

Significative e suggestive le installazioni dello stand della galleria Marella di Milano e di Pechino, immagini di Cristo di Andres Serrano accompagnate a sculture di pile di teschi d’oro (fig.13), al cui fianco una carrozzina “carrozzata”, armata di spuntoni di metallo, fa da sfondo a candide finte-foto di fiori sgargianti. (fig.14)

Poco lontano, una scala al cui posto dei pioli ci sono affilati coltelli da cucina (fig.15).

La concettualità si esprime al meglio. Oltre al “classico” ritratto di Warhol (fig.16), un simbolico mondo di sorpresa rispetto alla piccantezza del mondo, di Natxo Frisuelos (fig.17)

Enzo Distinto racchiude in una sfera molti temi del mondo, non certo bisognosi di spiegazione (fig.18).

Mentre l’arte come installazione riprende Warhol dipinto da varie scimmie – molto frequente il personaggio della scimmia come metafora dell’uomo contemporaneo (fig.19) insieme a video alla parete che trasmettono pellicole stile dark, il sadismo prende luogo con gli uomini mascherati e armati della galleria Kustagenten di Berlino. (fig.20)

La protesta contro la società di Mimmo Rotella (fig.21) che strappa i manifesti pubblicitari, citato nell’articolo “Ma quanto costa”, occupa una parte significativa con i pannelli giganteschi, mentre il dipinto Into the trees (fig.22), osservato da vicino, fa entrare nel vivo del quadro e ci si sente avvolgere da tutti i rami.

L’artista Francesca Marti crea una video-installazione molto importante (fig.23): un uomo dell’Africa, di uno Stato ignoto, che tenta di uscire da queste finestre di carta strappata, riuscendo solo a guardarsi intorno. Un emblema dell’immobilità di alcune parti del continente bloccate da altri paesi, occidentali, che hanno sempre tentato di soffocarli, e ancora oggi vi riescono.

Infine una panoramica dell’arte indiana, con l’esposizione della galleria Bodhi Art di New Delhi e Bombay (fig.24).

Fuori dalla fiera, la curiosità di Art First in Bologna. Dentro Palazzo d’Accursio, nel cortile del comune, due installazioni: Water Circles, di Fabrizio Plessi (fig.25) e Obelisco Cassadoro, in bronzo, di Arnaldo Pomodoro. (fig.26)

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