Rachel getting married
di Jonathan Demme
Usa, 2008
Nomination: migliore attrice protagonista (Anne Hathaway)

[oblo_image id=”1″]È il caso di dire che il diavolo ha smesso di vestire Prada, e ha spiccato il volo con altre ali. Miss Anne Hathaway, il ruolo di stagista è finito: ti chiamerai pure Kym, tua sorella Rachel sta per sposarsi, e non sei più una ragazzina appena arrivata a New York. Ma con questo “Rachel getting married”, Meryl Streep non è più così lontana: è lì, accanto, nominata con te come migliore attrice il prossimo 22 febbraio al Kodak Theatre.

Presentato lo scorso agosto a Venezia ma passato particolarmente inosservato, “Rachel getting married” di Jonathan Demme è per la giovane attrice americana quello che The Truman Show è stato per Jim Carrey. Quello che in pochi si potevano aspettare, e certe sorprese sono anche più belle.

C’è da dire che, in ogni caso, la prestazione della Hathaway, lingua biforcuta da ex modella ex tossicodipendente è la ciliegina sulla torta di un piccolo film, ben costruito, che scava all’interno delle emozioni di una famiglia quasi spiandola con l’occhio di uno spirito indagatore. I conflitti mai sopiti, le gelosie, i dualismi spesso nascosti dalla coltre di abitudini e di conformismo, e che quando risalgono a galla travolgono tutto scoprendo ferite difficili da rimarginare.

Un film corale, e allo stesso tempo impietoso nelle singole analisi al microscopio, a detta di tutti “ispirato” dalla lezione di Robert Altman e che forse avrebbe meritato qualche nomination in più. Ma che basta a dare un segnale preciso: Philadelphia e Il silenzio degli innocenti è lontano, ma Demme c’è ancora. Nella speranza che la sua bacchetta di direttore d’orchestra trovi sempre esecutori di questo livello.

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