[oblo_image id=”1″] Puoi giocare a calcio, basket o pallavolo. Non a rugby. Il rugby lo devi vivere altrimenti è meglio lasciar perdere. In Gran Bretagna lo sanno bene e infatti dicono rugby man e non rugby player. Rimani rugby man anche quando hai detto basta con mischie, placcaggi e mete. Non hai più la casacca, niente fascia da capitano ma dentro continui a vivere per quel pallone ovale e per quello sport così dannatamente assurdo dove ci si mena con fairplay e bisogna avanzare passando la palla all’indietro.

Alessandro Troncon, detto Tronky, si è ritirato dopo l’ultimo mondiale in Francia. E’ andato in meta nella partita d’addio con la Scozia ma ha abbandonato il campo in lacrime dopo aver solo sfiorato l’impresa di raggiungere i quarti di finale. Una sorta di maledizione che accampagna da qualche anno la nostra nazionale. Prestazioni sempre encomiabili che sono valse il rispetto di avversari e tecnici condite però dal retrogusto amaro della beffa. Alla vigilia dell’esordio all’esordio al 6 Nazioni, il nuovo capitano Sergio Parrisse aveva provato ad esorcizzare la paura: Andiamo a Dublino per vincere. Non ci interessano le pacche sulle spalle e i complimenti a fine gara. Vogliamo tornare da Croke Park con un successo.

[oblo_image id=”2″] Ma niente da fare. Agli azzurri non sono bastati cuore e passione. La lotta senza quartiere di Dublino ha premiato i padroni di casa e soprattutto il piede magico di O’Gara, autentico castigatore con i suoi calci piazzati. Troncon ha sofferto al momento degli inni, poi ha ripreso il suo ruolo da condottiero. Stavolta non poteva più guidare il pacchetto di mischia ma dalla panchina si faceva sentire. Era collegato attraverso cuffie al nuovo allenatore, Mallett, ma per spronare i compagni non è secondo a nessuno. Ogni interruzione del gioco era buona per entrare direttamente in campo ad incitare o rincuorare gli azzurri. Quasi a voler suonare la carica dopo la partenza ad handicap.

E l’Italia orgogliosa ha rialzato la testa costruendo la sua rimonta mischia dopo mischia, guadagnando centimetro dopo centimetro fino alla meta di Castrogiovanni. Uno di quelli che si esalta quando bisogna combattere nello sporco tra terra, fango, braccia e gambe degli avversari. Non è bastato, ma alla fine il pubblico irlandese ha applaudito più i giocatori italiani dei beniamini di casa. Perchè sarà pur vero che essere sconfitti con onore fa male lo stesso. Ma se a fine partita, puoi guardare i compagni a testa alta allora la sfida successiva non fa paura. Neanche se si tratta della grande Inghiliterra di sir Wilkinson.

Avanti il prossimo, gli “uomini di rugby” non si arrendono certo per una partita persa. Chiedete ad Alessandro Troncon…