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Si perde. Che siano gare mondiali o amichevoli, la nostra nazionale continua nel suo annus horribilis: nessuna vittoria nel 2010 e poco importa che gli avversari non si chiamino Spagna o Brasile ma Costa d’Avorio, Slovacchia o Nuova Zelanda. E se stavolta la sconfitta non fa male, quanto meno induce a qualche riflessione. La partita di Londra – ma c’era proprio bisogno di andare in Inghilterra per trovare uno stadio deserto? – conferma i limiti tecnici di una squadra che è l’espressione di un movimento alla deriva. Ci  sarà da rimboccarsi le maniche e lavorare: prima, però bisognerà evitare di gettare fumo negli occhi. Dopo il tonfo sudafricano, troppi hanno giocato allo scaricabarile dando ogni responsabilità a Marcello Lippi, che avrà avuto anche le sue colpe ma non può avere tutte le colpe del mondo. Grazie anche ad una bizzarra ma miratissima ondata mediatica, l’ex commissario tecnico è stato accusato di antipatia, incompetenza, ottusità, persino razzismo. Passi per il primo capo d’imputazione (simpaticissimo non è mai stato…), le altre critiche appaiono strumentali. Fenomeni nostrani non si vedono all’orizzonte: anche cambiando tre elementi su quattro la difesa rimane scricchiolante, il centrocampo manca di qualità e in attacco si continua a soffrire. Prandelli merita ovviamente tempo, ma guai a credere che l’unico problema dell’Italia pallonara fosse in panchina. Si è pensato che la soluzione fosse nel nuovo tridente, con tanto di etichetta ABC: Amauri, Balotelli e Cassano. Il doriano ha talento ma è discontinuo: se a 28 anni non ha mai vinto alcunché, un motivo ci sarà. La stampa ha persino tacciato Lippi di esterofobia per non aver portato nella spedizione mondiale l’oriundo brasiliano e l’interista. La verità è che Balotelli rappresenta il futuro ma ha bisogno di tempo per crescere mentre lo juventino, dati alla mano, negli ultimi 200 giorni ha segnato solo contro una squadra da birreria come lo Shamrock Rovers.

Rimane, infine, da svelare l’effettivo ruolo dei grandi saggi chiamati a non meglio precisati incarichi dirigenziali. Baggio, Rivera e Sacchi aumentano l’appeal della nostra nazionale con il loro carisma ma bisognerà verificare se godranno di effettivi poteri decisionali. Il timore è che qualcuno nella nostra federazione (Abete? Albertini?) stia cercando di ripararsi dietro a comodi parafulmini. Piuttosto che ammettere il fallimento mondiale, figlio di un settore giovanile allo sbando puntualmente ridicolizzato in ogni manifestazione internazionale, si è intrapresa la scappatoia nazional-popolare avanzando precauzionalmente nomi ad effetto senza preoccuparsi troppo di determinare una efficiente suddivisione dei ruoli. In un quadro così sgangherato ci viene in soccorso il calendario. A settembre nelle prime gare ufficiali del nuovo corso valide per le qualificazioni agli Europei 2012 affronteremo Estonia e Far Oer. Se la prima vittoria del 2010 non dovesse arrivare neppure contro simili corazzate, la nazionale campione del mondo 2006 uscirebbe dalla storia ed entrerebbe nel mito.

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