Una il passato che ha voglia di rinnovarsi, l’altra il presente che si impone. L’una schietta e materna, l’altra sofisticata e trasgressiva. Eppure, con tante piccole cose in comune. Tra cui quella di essere donne, e italiane. Stefania Sandrelli e Asia Argento hanno inaugurato a modo loro la seconda settimana del Festival di Roma con due presenze opposte ma complementari che hanno arricchito l’Auditorium del punto di vista dell’altra metà del cielo del cinema italiano.
[oblo_image id=”1″]Un’occasione curiosa soprattutto per la Sandrelli, che dopo 50 anni da protagonista sullo schermo è riuscita finalmente a dare corpo a un sogno, quello di passare dietro la macchina da presa. Il suo esordio alla regia, “Christine Cristina”, è un progetto a cui lavorava da qualche anno per raccontare la storia di Cristina da Pizzano, figlia di un astrologo e medico presso la corte del re francese Carlo V, che si ritrova travolta dalle lotte tra Armagnacchi e Borgognoni riuscendo a sopravvivere grazie solo al suo talento di poetessa e scrittrice. Un film onesto, senza troppe pretese, in cui ha voluto la figlia Amanda nei panni di protagonista affiancata da Alessio Boni e Alessandro Haber. Basso profilo e semplicità in conferenza stampa, con Amanda che confessa come la mamma la rincorresse per il set “con spremute d’arancia e coperte”, e l’autrice che dice di sentirsi più “direttore di banda” che non regista. Sarà. Intanto i buoni uffici le hanno garantito un posto in prima serata nella sala più bella e grande dell’Auditorium. Un onore negato ai tre film italiani in concorso. Chissà.
Abituata alla regia invece la giovane Argento, quasi liberata da anni dell’eredità scomoda del cognome di papà Dario (anche se reagisce ancora stizzita quando glielo si fa notare, dicendo che si è dovuta fare “un mazzo così”). Almeno in apparenza più matura, meno spavalda e più serena: così si è presentata al pubblico romano, accorso in massa all’incontro pubblico del pomeriggio che ha permesso a tutti di soddisfare tutte le proprie curiosità su Asia. Un’attenzione che ha un po’ oscurato l’interessante esperimento di Alberto Luna, “Onedreamrush”, collage di 42 cortometraggi di 42 secondi ciascuno (di cui uno girato dalla stessa Argento, con l’ottima compagnia di David Lynch, Mike Figgis e Abel Ferrara) che vuole riproporre sullo schermo la schizofrenia della visione stile “zapping” di Youtube. Idea originale in un Festival che di cose interessanti ce ne sta presentando. Una su tutte “Fratelli d’Italia” di Claudio Giovannesi, viaggio in un istituto tecnico di Ostia tra problemi di (dis)integrazione e studio, dove viene da chiedersi chi è che rovina chi. Casi scelti non a caso, certo, che non devono peggiorare la percezione di un problema che comunque esiste. E che occasioni come questa possono aiutare a far capire meglio.