[oblo_image id=”1″] I vincenti rischiano di essere noiosi. Bravi ma piatti, sorridenti ma freddi. Chi perde ha più fascino, più poesia. Anche nei cartoni animati o nei fumetti è così. E il ciclismo per fortuna sa ancora raccotare storie come quella di Davide Rebellin. Uno bravo senza essere bravissimo, che ha vinto battaglie senza vincere guerre. Uno di quelli che si è guadagnato la stima dell’intero gruppo giocando pulito. Raccogliendo qualche successo personale senza mai disdegnare di rimettersi al servizio dei compagni. Uno che ha accettato sconfitte brucianti con la serenità di chi ama il proprio mestiere anche quando la fortuna volta le spalle e i sacrifici non vengono ripagati dai risultati. Uno che nel giorno del suo trentasettesimo compleanno, invece, di godersi il riposo nella sua Verona, si ritrova a disputare un’Olimpiade. Infilandosi magari nella fuga giusta sulla strada della Grande Muraglia e chiedendo quasi conferma di poter abbandonare il ruolo di gregario di capitan Bettini per giocarsi le proprie carte. Uno che sa tenere duro sull’ultima salita sperando che seppur in ritardo sia finalmente arrivata l’occasione che vale una carriera. E che magari a 100 metri dal traguardo vedendosi in testa, si illude che sia giunto il momento di passare alla cassa per riscuotere i crediti con il destino.

Prima di dare un’occhiata a sinistra e accorgersi che ancora una volta qualcuno – lo spagnolo Samuel Sanchez – è stato un briciolo più bravo di lui. Avrebbe potuto imprecare contro la sorte, contro l’umidità, contro se stesso. Ed invece si è preso l’argento con la dignità e l’orgoglio di chi sa di aver fatto come sempre fino in fondo il proprio dovere. Perchè quando la storia sgualcisce una pagina, non c’è modo di nascondere la piega. Ma quel libro può essere ancora più bello perchè racconta una storia vera come l’ emozione che regala. Altro che doping…

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