Mina , Selfie
Mina , Selfie

Un sound levigato e squisitamente contemporaneo, testi autobiografici, a tratti toccanti e mai banali, arrangiamenti curatissimi – ad opera, tra gli altri, di Massimiliano Pani –, musicisti di primissimo livello – su tutti Faso al basso e Danilo Rea al piano e alle tastiere – ma, soprattutto, una voce che con il passare degli anni – ormai 74 –, oltre a non fare mai una grinza, acquista carattere, dettagli, ricchezza.

Sono questi gli ingredienti del nuovo autoritratto d’autore di Mina, concentrato di raffinatezza e talento – non solo della cantante, ma anche di tanti giovani autori e parolieri al debutto – in un’industria discografica ostaggio della banalità, del cattivo gusto e orientata sempre più all’offerta per un pubblico adolescente e musicalmente analfabeta.

Intelligente, moderno e provocatorio sin dal titolo, Selfie è una raccolta di brani – a tratti vere e proprie perle – che, nel concetto, si pone in ideale continuità con “Piccolino”, precedente album di inediti datato 2011. In totale controtendenza rispetto all’ondata di vanità – che troppo spesso si copre di ridicolo – a cui si assiste impotenti osservando il fenomeno dei selfie sui social network, Mina, anziché mostrare il suo aspetto esteriore, preferisce palesare tutte le sue debolezze, stranezze, paure, ossessioni e cicatrici interiori, come se lo studio di registrazione fosse un confessionale, celandosi dietro l’autoironico faccione di un macaco giapponese, già usato per una copertina del ’71.

Ad inaugurare il dialogo intimistico e sussurrato con l’ascoltatore c’è il sorprendente jazz di “Questa donna insopportabile”, vera e propria confessione a cuore aperto in cui una diva eterea ormai giunta alla piena maturità, nel tracciare le somme di un’esistenza al di fuori del normale, non si vergogna di ammettere che quella figura di donna in carne ed ossa, così comune, pigra, scontrosa, irritante – appunto, “insopportabile, che ogni mattina si sveglia insieme a me” – altro non è che una corazza costruita per preservare l’integrità di una persona “ancora troppo fragile per affrontare questa vita, inutile che sia, piena di tristezza ma soprattutto mia”.

Mina , Selfie

Il viaggio interiore procede con tracce dalle sonorità incredibilmente black, nello specifico funky e soul. Emblematiche, per cogliere questo mood, “Io non sono lei” e “Il pelo nell’uovo”, caratterizzate da arrangiamenti che sembrano presi in prestito dagli Earth, Wind & Fire (vocoder, clavinet, sintetizzatori!) e testi che interpretano in modo originale un tema caro a Mina: quel topos incarnato alla perfezione da “Volami nel cuore”, dei rapporti di coppia logori, del tradimento, della paura (ossessione?) dell’abbandono in favore di un’altra donna, magari dotata di una bellezza che la cantante sente di non aver mai avuto e di una gioventù strappatale via dal trascorrere degli anni.

Di piccolo capolavoro si può parlare nel caso de “La palla è rotonda”, samba appositamente confezionato per i Mondiali di Brasile e scelta dalla RAI come sigla delle trasmissioni della Coppa del Mondo, di difficile esecuzione canora e contraddistinto da una linea vocale ricca di variazioni e cambi repentini, con un arrangiamento che trasuda percussioni brasiliane sapientemente e sobriamente distribuite nel campo sonoro da una produzione veramente molto curata ed elegante.

In Selfie, di certo, non ci sono i picchi di dinamica, di estensione vocale e di “barocchismo” della Mina dei tempi d’oro. C’è sobrietà, in un certo senso meno ostentazione, ma sarebbe falso ed oltremodo disonesto affermare per questo che l’età stia condannando la tigre di Cremona ad una flessione artistica. Tutt’altro: Selfie – come del resto fece anche Piccolino, con picchi di bellezza disarmante come quelli di “Matrioska” – dimostra una capacità di introspezione che eleva un pop già di per sé raffinato a livelli lirici difficilmente eguagliabili nell’attuale panorama musicale italiano.

Con la maturità, una cantante che – al di là del talento incommensurabile – in passato è stata troppo spesso interprete “passiva” di brani cuciti addosso alla sua voce ma non alla sua persona, ha ora riempito un bagaglio di tematiche proprie, figure ricorrenti e di una certa cifra stilistica che, contrariamente alla banalità di chi sforna album privi di anima e di una sensibilità che ne dovrebbe accomunare in qualche modo i brani, le permette di realizzare lavori impreziositi da un concetto, un minimo comune denominatore, per giunta autobiografico. Nel caso di Selfie, si tratta dell’intuizione che per mettersi veramente a nudo – cosa che pare essere estremamente di moda nell’accezione letterale e più volgare dell’espressione – occorre raccontarsi, confessarsi senza filtri: quegli stessi filtri di fotoritocco che applicate ad un selfie quando la vanità è troppo forte per permettervi di mostrarvi al mondo per come siete davvero, con tutte le rughe ed i segni incisi dal tempo.

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