[oblo_image id=”2″]Dopo la mostra monografica del 1999, Pierre Auguste Renoir (Limoges, 1841 – Cagnes-sur-Mer, 1919) torna ad essere il protagonista assoluto del Complesso del Vittoriano a Roma, con l’allestimento di una retrospettiva ancora più ampia comprendente circa 130 opere.

Fin dai suoi esordi, l’artista ha dimostrato una tecnica e un’ indole anticonformista: i primi a notarlo furono probabilmente i professori della Scuola Nazionale di Belle Arti di Parigi, al cui allievo rimproverarono uno stile troppo ardito e discostante dalla tradizione. Non sentendosi compreso dal circolo accademico, Renoir ha cominciato allora a frequentare lo studio del pittore Charles Gleyre, presso il quale ha avuto modo di incontrare e di confrontarsi con Alfred Sisley, Claude Monet e Frederic Bazille, ovvero i futuri fondatori della corrente impressionista.

Ciò che accomuna gli aderenti a tale movimento consiste innanzitutto nella necessità di analizzare diversamente il fenomeno luminoso e nell’adozione di nuovi procedimenti, come la soppressione dei dettagli, la frammentazione del tocco e l’abbandono del contorno.

[oblo_image id=”3″]A differenza degli altri fautori, però, Renoir si distingue per la particolare attenzione verso la figura umana e, in primo luogo, verso quella femminile (egli è conosciuto anche per essere “il pittore delle donne”, raffigurate spesso con un corpo dalle forme piene e rotonde, oltre che con un atteggiamento innocente): infatti, pur avendo realizzato numerosi e suggestivi paesaggi, quasi sempre questi panorami risultano animati da vari personaggi (es. il quadro in mostra “La baia di Napoli con il Vesuvio sullo sfondo”). Inoltre, a partire dal 1866, le tele di Renoir sono pervase da un maggior realismo, visibile soprattutto nei ritratti.

[oblo_image id=”1″]Il vero ritorno ai canoni classici avviene comunque soltanto nel 1881, quando il pittore intraprende un lungo viaggio in Italia, che lo indurrà a riesaminare le sue precedenti posizioni. Egli stesso, ricordando il proprio stato d’animo alla vigilia della partenza, ha affermato: “avevo spremuto l’impressionismo quanto più potevo ed ero giunto alla conclusione che non sapevo né disegnare né dipingere”. Fortunatamente, dopo aver ammirato gli affreschi di Raffaello a Roma e la pittura pompeiana a Napoli, ritrova la giusta ispirazione concentrandosi sulla qualità del disegno.

L’esposizione in corso al Vittoriano si focalizza appunto su quest’ ultimo periodo, con l’obiettivo di contrastare il pensiero che definisce Renoir come uno dei principali esponenti dell’Impressionismo. In realtà i dipinti datati dal 1881 in poi, spesso caratterizzati da toni più severi, da una luce fredda e da volumi più netti, testimoniano un progressivo distacco dal sentimentalismo e dalla magia della tendenza artistica parigina. Rimane invece incontrastato il bisogno di immortalare l’ambiente circostante sotto ogni suo aspetto, scegliendo soggetti di volta in volta differenti: si pensi ad esempio alla serie dedicata ai fiori, alle nature morte, ai ritratti dei bambini o dei familiari (a cui lavorò durante gli ultimi anni di vita, immobilizzato a casa per colpa della sua malattia).

Per approfondire i recenti sviluppi della critica storico-artistica sull’argomento, si rimanda ai saggi contenuti nel catalogo dell’evento, edito da Skira.

Sede: Complesso del Vittoriano di Roma, Via di San Pietro in Carcere
Periodo: dal 7 Marzo al 29 Giugno 2008
Orari: dal lunedì al giovedì 9.30- 19.30, venerdì e sabato 9.30-23.30, domenica 9.30-20.30
Informazioni: tel. 066780664.

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