[oblo_image id=”2″]Quando si cita Colazione da Tiffany, torna subito in mente l’omonimo capolavoro cinematografico girato magistralmente da Blake Edwards nel 1961, ed interpretato magistralmente dall’indimenticabile Audrey Hepburn. Molto più sconosciuto, invece, è il romanzo da cui è tratto il film, scritto da Truman Capote pochi anni addietro. In realtà, per adattarla alle esigenze del grande schermo, la storia è stata molto rimaneggiata: il protagonista maschile per esempio, ovvero il timido ed impacciato William Parsons, incarnato dall’affascinante George Peppard diventa tutta un’altra persona, e soprattutto qui c’è il lieto fine, fattore che nell’opera letteraria manca del tutto.
La rivisitazione teatrale firmata da Samuel Adamson e andata in scena al Teatro Eliseo di Roma prima di Pasqua, ha voluto riproporre appunto il testo originale così com’era all’inizio, lasciando così un po’ stupiti gli spettatori che credevano di stare per assistere a una trasposizione sul palcoscenico della celebre pellicola.
I primi elementi che saltano subito agli occhi all’apertura del sipario riguardano la scenografia e i costumi degli attori, dai quali si evince che l’ambientazione storica è tornata ad essere quella della metà degli Anni Quaranta. L’atmosfera che si respira, perciò, è molto più austera e spoglia rispetto a quella del boom economico degli Anni Sessanta che caratterizza il film di Edwards.
L’onore di dare nuovamente vita al personaggio di Holly Golightly è spettato all’attrice Francesca Inaudi, famosa soprattutto per i suoi ruoli al cinema e in varie fiction tv di successo. Per questa parte, ella ha dichiarato di non essersi ispirata allo stile recitativo di Audrey Hepburn, ma piuttosto a quello di un’altra mitica icona hollywoodiana: Marilyn Monroe (non a caso la stessa artista che avrebbe voluto Capote come protagonista del film). Quel che è certo è che non si tratta di una figura femminile facile da incarnare: Holly, infatti, passa da momenti di leggerezza e spensieratezza disarmanti ad abissi di profondità e di dolore difficilmente contenibili (ribattezzati scherzosamente dalla stessa con il nome di “paturnie”). Ma è proprio per questa sua volubilità che Holly è rimasta impressa nell’immaginario cinematografico e ora, con ogni probabilità, lo rimarrà anche in quello teatrale!