[oblo_image id=”1″] Mercoledì 11 luglio 2012 al PalaOlimpico , 1.000 tra imprenditori, professionisti, politici, e personalità della società civile parteciperanno alla tradizionale cena sociale della Compagnia delle Opere del Piemonte. La serata avrà inizio con un convegno dal titolo “Costruire in un mondo che cambia”: al dibattito moderato da Dario Odifreddi, Presidente della Compagnia delle Opere del Piemonte, parteciperanno il Presidente della Compagnia di Sanpaolo, Sergio Chiamparino, Bernhard Scholz Presidente nazionale Compagnia delle Opere, Ivanhoe Lo Bello Vice Presidente Confindustria, Giampiero Castano Dirigente Ministero Sviluppo Economico, Luca De Ambroggio Imprenditore, e Roberto Cena Presidente del Banco Alimentare del Piemonte. La prima cosa di cui dobbiamo prendere coscienza è che il mondo è cambiato. L’esito della globalizzazione è che in tante parti del mondo si realizzano, con capacità professionali e tecniche del tutto equivalenti, quei prodotti e si offrono quei servizi che per oltre un secolo sono stati appannaggio quasi esclusivo del c.d. occidente. Oltre ai noti Brics, altri paesi come la Corea, il Messico, il Vietnam, il Bangladesh conquistano crescenti quote del commercio mondiale. L’Italia sconta in questo quadro debolezze strutturali. Abbiamo accumulato un debito pubblico altissimo, abbiamo atteso oltre ogni limite prima di iniziare a mettere in atto le riforme strutturali, continuiamo a ragionare in termini di tutela del lavoro come se si trattasse di un diritto che funziona come una variabile indipendente dall’andamento dell’impresa di difendere un differenziale salariale che va meritato. , davanti a ogni serio tentativo di liberalizzazioni o di spending review scattano i veti incrociati di piccoli e grandi gruppi di tutelati.
Il nostro tessuto produttivo sconta un ritardo legato al non adeguamento della struttura del nostro modello di specializzazione e a una insufficiente presenza di aziende medie e grandi che possano fare da traino all’intero sistema economico. Da questo dipende il nostro scarso grado di apertura internazionale (sensibilmente inferiore anche a quello dei principali partner europei). Non è un caso che nel 2010 la quota italiana sulle esportazioni mondiali è scesa al 2,9 per cento (10 anni prima era al 4,1 per cento) raggiungendo il livello più basso dal 1960. Basta cullarsi nelle illusioni. Meno tutele fasulle e più competitività è la strada da percorrere. Continuare a credere di poter mantenere nel settore privato, come in quello pubblico, posti di lavoro inefficienti è un’illusione pericolosa; infatti sono 15 anni che l’Italia non cresce, che la produttività è inchiodata su valori prossimi allo zero e intanto crescono i fallimenti e le imprese che vanno a produrre in altre parti del mondo. Solo gli sciocchi e i titolari di privilegi possono convincersi che basti pensare “Adda passa’ ‘a nuttata”; no non passerà, e se continueremo a cullarci in questa pericolosa illusione saranno i nostri figli e nipoti che pagheranno il prezzo più alto per la nostra irresponsabilità di adulti. Già ora la disoccupazione giovanile ha raggiunto il livello record del 36,2% e i c.d. Neet, sono ormai più di 2 milioni. Il reddito disponibile delle famiglie è oggi inferiore del 4% rispetto a quello del 1992, il risparmio familiare è passato nell’ultimo anno dal 12,6% all’8,8% e la produzione industriale da aprile 2011 a aprile 2012 è crollata di oltre il 9%.
Dobbiamo saper offrire produzioni sempre rinnovate, specializzate, basate su un saper fare che va coltivato investendo in ricerca, impianti e persone. Dobbiamo affrontare il tema della frammentazione del nostro tessuto produttivo che va messo in grado di produrre organizzazioni più robuste e ricche di competenze, capaci di conquistare mercati che consentano di difendere un differenziale salariale che va meritato. È un’impresa difficile ma possibile, se si fanno convergere competenze scientifiche e organizzative, intensità di capitale e genialità imprenditoriale.
E’ il tempo della conoscenza e della persona. La prima azione da intraprendere davanti a qualsiasi scelta (anche quindi nella nostra attività di impresa) è quella di cercare di guardare la realtà per come essa è veramente. Per troppo tempo non siamo stati capaci di guardare e di metterci in gioco. Abbiamo cercato un colpevole fuori di noi dandogli facce diverse, identificandolo con la politica o con la finanza internazionale o con altro ancora. Non che non vi siano stati errori gravi in questi contesti, ma per troppo tempo non ci siamo chiesti se la nostra debolezza fosse legata anche alle nostre scelte, a come concepiamo la nostra impresa e il nostro lavoro, a come ci rapportiamo con i nostri collaboratori, a cosa ci dicevano veramente i nostri bilanci in termini di capacità di stare sui mercati, di innovare, etc. Senza conoscere non si può costruire su basi solide, ma per conoscere occorre essere leali, non aver paura di ammettere i propri errori, di mettersi in discussione, di cambiare. E’ una strada faticosa, ma affascinante. Ogni intrapresa economica nasce dal desiderio di dire “io”, dal nostro rapporto con l’infinito, con il nostro desiderio che la vita non finisca nel nulla, che noi e le persone che amiamo possano essere per sempre, che ciò che facciamo generi utilità per noi e per il mondo. Senza recuperare una vera autocoscienza di sè tutto ci fa paura e ci attacchiamo a quello che possediamo come a un ultimo brandello di felicità. Dobbiamo sfidare la nostra pigrizia e il borghesismo che spesso ci troviamo addosso.
Ma sappiamo anche bene che da soli non ce la facciamo, abbiamo bisogno di compagni di strada che ci sostengano nei momenti difficili, che ci aiutino a giudicare, che non si scandalizzino dei nostri errori. Abbiamo bisogno di sentire la stima e la simpatia reciproca tra chi si mette in gioco. Non annullando le diversità e le identità, ma amando il tentativo dell’altro, sapendo che tutta questa diversità è una ricchezza perché è più bello un mondo con le sfumature di tutti i colori.
Il compito della Compagnia delle Opere è quello di aiutarci in questo cammino e in questa avventura; è il sostegno reciproco a sollecitare ciascuno di noi alla sua responsabilità di essere uomo sino in fondo e di far conoscere a tutti le esperienze di uomini e donne che vivono questa intensità di fronte alla vita.
Tutti gli strumenti che proviamo a mettere in campo non sono altro che il tentativo di dare spazio e gambe a questo desiderio; il Matching, il B2B locale, le convenzioni, gli strumenti di aiuto per chi cerca e perde il lavoro, la scuola di impresa, i seminari di approfondimento, la cena sociale, le opere di carità come il Banco Alimentare, le opere educative come la Piazza dei Mestieri o le scuole, le realtà di assistenza come quelle delle Piccole Suore dell’Assunzione o dell’Associazione Cilla, sono i nostri tentativi ironici. Aiutiamoci ad essere leali con i nostri desideri piu’ profondi e, dentro un’amicizia semplice e umana, sosteniamoci a riprendere il cammino. (Dario Oddifreddi).