[oblo_image id=”1″] Il concetto stesso di razzismo è subdolo. Come può esistere se la distinzione in razze non ha alcun fondamento scientifico? Ma basta guardarsi intorno per verificare come fenomeni d’intolleranza continuino a contaminare la nostra società. E se sfogliamo le pagine del passato ci accorgiamo come da sempre l’uomo sia incline a ricadere negli stessi errori. E’ la nostra cultura che tende a discriminare, separare, escludere. Per paura a volte, per ignoranza spesso, per convenienza quasi sempre. Il libro di Guido Barbujani e Pietro Cheli affronta questa delicata tematica con una chiave di lettura originale che consente di evitare ogni scivolamento nella retorica o nella più bassa demagogia. Basta il titolo – Sono razzista, ma sto cercando di smettere – per capire come il lettore sia invitato ad una riflessione sulle proprie abitudini. Ammettendo come spesso, pur in modo latente, anche noi siamo vittime – o colpevoli – di pregiudizi, retaggi culturali, luoghi comuni. Guai a nascondersi dietro una libertà mentale di facciata, meglio un serio esame di coscienza per riconoscere le proprie debolezze. Gli stessi autori, infatti, concludono sostenendo come l’ammettere il proprio status di moderatamente razzista sia il proprio passo per risolvere il problema. Il razzismo va affrontato come un vizio, come una malattia. Se lo si sfida con coraggio, si può guarire. Nessuno escluso.

Titolo: Sono razzista ma sto cercando di smettere
Autori: Guido Barbujani, Pietro Cheli
Editore: Laterza

Advertisement