[oblo_image id=”3″]Il fanatismo religioso, si sa, si verifica un po’ in tutto il mondo, ma nell’Italia meridionale tuttora è particolarmente presente. E proprio su questo argomento spinoso è incentrata l’ultima pellicola firmata dalla celebre regista Roberta Torre, che torna ancora una volta a parlare della sua amata Sicilia ma da un punto di vista del tutto inedito e differente.

Ne I baci mai dati, infatti, non si parla per niente di mafia e di malavita, bensì di credenze popolari gonfiate all’inverosimile e di comuni problemi familiari. La protagonista è la tredicenne Manuela (Carla Marchese), una ragazzina residente alla periferia di Catania che un giorno si inventa di aver visto e sentito la Madonna. La gente non tarda a crederle e a gridare subito al miracolo, visto che grazie alle indicazioni fornite dalla giovane, viene ritrovata pure la testa di una statua della Vergine nascosta da alcuni suoi coetanei che l’avevano rotta giocando a calcio in piazza.

Molto felice dei “poteri” dimostrati dalla figlia è la madre Rita (Donatella Finocchiaro), che subito cerca di trasformare la vicenda in un business, permettendo ai compaesani, previa pagamento, di essere ricevuti dalla figlia veggente. Molto meno contenta della piega che sta prendendo la situazione in paese è la dirigente di un vistoso salone di bellezza che legge pure le carte (Piera degli Esposti), la quale si vede portar via i clienti da questa adolescente.

Tutto ciò che vediamo nel film, in pratica, è filtrato dagli occhi e dalle impressioni di Manuela. Uno degli aspetti che fin dall’inizio colpisce gli spettatori è senza dubbio il tipo di ambientazione scelto per narrare la storia. Ci troviamo appunto nel degradato quartiere catanese di Librino, costruito negli anni Sessanta dall’architetto giapponese Kenzo Tange. Gli enormi palazzoni della zona sono senz’altro un ottimo nascondiglio per i traffici di mafia, ma Librino non è solo questo: la produzione e le riprese de I baci mai dati, del resto, lo hanno testimoniato appieno. Dopo una certa diffidenza iniziale, non a caso, la troupe è stata accolta favorevolmente dalla gente del posto e, durante la sua permanenza, sembra che sia nata per di più una nuova credenza popolare. Da alcuni alberi di Viale Bummacaro ha iniziato a sgorgare acqua limpida, che gli abitanti non si sono attardati a raccogliere nei recipienti e a decretarla una sostanza dai poteri curativi!

A livello di personaggi, invece, quella che rimane più in mente a parte Manuela è la sua eccentrica madre, che appare come una svampita preoccupata solo di mantenere la sua bellezza e con l’obiettivo di diventare una donna ricca e di successo. [oblo_image id=”4″]

Separatasi dal nullafacente marito Giulio (Giuseppe Fiorello) e approfittando della fama di santa acquisita da Manuela, il suo sogno sembra proprio che stia per avverarsi. Se non che alla fine sarà la stessa Rita a ravvedersi, allarmata dalla paura di perdere per sempre la figlia che cerca di scappare di casa, stanca del ruolo di veggente che le è stato imposto in famiglia.

Un miracolo insomma, almeno nella trama del film, succede per davvero: è il rapporto ricucito tra Manuela e sua madre, che sembrano non essersi mai conosciute prima di allora e che cercheranno di iniziare una nuova vita insieme.

 

 

 

 

 

 

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