Siamo a Bojano, Molise, nell’inferno della Serie D, precisamente girone F. A novembre il presidente Egidio Amatuzio esonera l’allora tecnico Pasquale Logarzo (un passato da giocatore nella Salernitana in B) e chiama in panchina un figlio d’arte alla sua prima vera esperienza da allenatore: Karel Zeman. Si, avete letto bene, il cognome è quello che conoscete tutti, il nome no invece, non è Zdenek, il padre, ma suo figlio. 31 anni, quasi esordiente, dopo poco più di 4 mesi ha deciso di rassegnare le dimissioni a seguito della sconfitta interna con la Recanatese.

[oblo_image id=”1″]Il bilancio della sua gestione non è esaltante: 17 partite giocate, 12 soltanto i punti raccolti, frutto di 2 vittorie, 6 pareggi e 9 sconfitte. 13 le reti realizzate e 26 quelle subite, pedaggio inevitabile di un calcio offensivo (nelle intenzioni e non nei fatti, vedere i numeri appunto) che sta nel dna della famiglia Zeman.

Il modulo è sempre quello, il 4-3-3, i risultati no però, non sono gli stessi. Se Zdenek vinse poco, riuscì comunque a conquistare il cuore dei tifosi grazie ad un gioco spumeggiante che non portò vittorie ma gli consentì di perdere sempre in bellezza, fra gli applausi. Karel invece, non è riuscito nemmeno in questo, è andato male e pure tanto.

A seguito della sua negativa gestione, il Bojano è ora penultimo e rischia la retrocessione diretta: a 6 giornate dalla fine ha 6 punti di ritardo sulla terz’ultima posizione che garantirebbe, quanto meno, l’accesso ai play-out, gli spareggi salvezza.

Dopo il tramonto del padre passato per Foggia, Parma, Messina, Lazio, Roma, Fenerbahce, Napoli, Salernitana, Avellino, Brescia e Lecce, al fallimento, a dir poco prematuro, del figlio. Speriamo che, almeno per quest’ultimo, ci si stia sbagliando, altrimenti sarebbe davvero triste. Dopo quasi 20 anni finirebbe la cosiddetta Zemanlandia, ovvero il calcio spettacolo della famiglia Zeman.

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