[oblo_image id=”1″] Quando si parla di doping, difficilmente splende il sereno. Quando la sostanza incriminata è un diuretico utile a coprire altri prodotti, la situazione è ancora più intricata. Se poi l’atleta risultato positivo ai test, grida al complotto e accusa seppur velatamente un compagno di squadra di aver ordito ai suoi danni per rubargli il posto per le Olimpiadi, allora siamo al caos completo. Il doping entra in un santuario dello sport italiano come la scherma: disciplina nobile di cui ci ricordiamo ogni quattro anni per festeggiare medaglie a cinque cerchi. Stavolta il clamore arriva prima della cerimonia inaugurale e ha l’impatto di una bomba. Andrea Baldini, 22 anni, non ha superato i controlli ai recenti europei di Kiev. Furosemide il nome del prodotto fatale, squalifica per Pechino la naturale conseguenza.

Ma la vicenda presenta inquietanti zone d’ombra. I casi di Marta Bastianelli e Riccardo Riccò avevano segnato lo sport azzurro allungando l’infinita lista di ciclisti traditi dal doping. Uno sport come la scherma che privilegia la tecnica alla resistenza, i riflessi alla potenza atletica sembrava immune da questo virus. La positività di Baldini ha così l’aspetto di un fulmine a ciel sereno con effetti destabilizzanti per tutto l’ambiente. Soprattutto, perchè il fiorettista si dichiara innocente e si prepara a sporgere accusa contro ignoti. Non viene mai detto apertamente, ma i sospetti si addensano su Andrea Cassarà, lo schermidore ripescato per Pechino dopo la squalifica del compagno di squadra. La linea difensiva ruota sull’inutilità della gara di Kiev – Baldini aveva già il pass olimpico – e sul risultato ottenuto: uno scialbo quinto posto.

Ora si attende l’esito delle controanalisi e gli eventuali riscontri alle parole del fiorettista escluso. Intanto, l’Italia continua a perdere i pezzi ancora prima che si apra il sipario olimpico. E il virus del doping rischia di tramuarsi in conclamata epidemia.