[oblo_image id=”1″]Ci sarebbe piaciuto poter tirare un bel sospiro di sollievo e poter scrivere “il peggio è passato” siamo ai gironi, va bene cosi, da ora in poi come va va. E invece possiamo solo dire “il peggio è arrivato”. Quello che tutti temevano fin dal galeotto sorteggio è inesorabilmente accaduto: il Napoli è stato eliminato dal prestigioso e glorioso Benefica. Ma allora perché dispiace tanto se già quasi si sapeva? Perché tanta delusione? Semplice. Perché quando vedi svanire un sogno solo a metà del secondo tempo della partita di ritorno, dopo aver vinto 3- 2 in casa (che peccato aver subito il secondo gol al San Paolo!) e dopo aver conservato il pareggio fino al [oblo_image id=”1″]minuto ’57 senza praticamente giocare a calcio ma distribuendo invece solo calci, agonismo e tensione il rammarico c’è eccome. Sarebbe bastato provare a fare quattro passaggi di fila tentando di sfruttare una delle innumerevoli armi di questa squadra quali la velocità di Lavezzi, le percussioni di Hamsik, i cross di Maggio, la fisicità di Zalayeta per aver ragione del Benfica, una squadra sicuramente sulla carta più forte ma decimata da squalifiche e infortuni sia all’andata che al ritorno. Fuori Aimar e Cardoso in entrambe le gare, ieri non c’era nemmeno Suazo, eppure questa fortuna l’abbiamo gettata al vento. E pensare che nonostante tutto si era vinto in prima battuta e si stava pareggiando senza nemmeno scendere in campo fino a metà ripresa del ritorno. Ma che sofferenza! Perché rinunciare completamente a giocare, ad imporre seppur solo per pochi minuti il gioco pur bello e spettacolare che il Napoli ogni tanto fa intravedere qua e là? Diciamola tutta, alla squadra sono mancati il coraggio e la forza mentale che Reja non ha certamente saputo trasmettere ai giocatori presi invece solo dalla paura di non passare il turno e dall’ansia del risultato. Oltre a questo, il buon Edj ha sbagliato anche molto altro. Perché insistere su uno spentissimo Zalayeta che non si regge in piedi dopo 5 partite in 10 giorni e dopo 6 mesi di inattività con il fisico che si ritrova? Perché non lanciare dall’inizio Denis, meno esperto ma sicuramente più fresco e motivato dal gol-vittoria a Bologna? Perché non togliere Cannavaro ammonito dopo pochi minuti e “autore” secondo gol lusitano (bello il regalo a Nuno Gomes!) alla fine del primo tempo e puntare su un più rapido e frizzante Santacroce? Perché non sostituire un timidissimo e irriconoscibile Vitale (anche lui ammonito dopo pochi minuti) con un più sicuro, fresco e tosto Mannini? Ma, soprattutto, perché rinunciare ad Hamsik e Lavezzi, i due uomini migliori di questo Napoli, seppur non convincenti ieri sera, [oblo_image id=”3″]come del resto tutta la squadra, ma capaci sempre di tirare fuori dal cilindro la giocata vincente? A favore di chi poi, dell’ultimo arrivato Russotto, con tutto il rispetto comunque per un giovanotto di sicuro avvenire ma che nella sua carriera ha giocato qualche scampolo di A solo domenica scorsa a Bologna. Insomma, se non tutto, Reja ha sbagliato molto, anzi moltissimo. Nella testa dei giocatori e nella scelta degli uomini da schierare. Per carità, è sempre facile parlare dopo. Ma, come dicevano gli antichi latini che forse ne sapevano qualcuna più di noi, errare umanum est, perseverare diabolicum. Insomma, gli errori si possono pure commettere ma non correggersi è da autolesionisti. Ecco cos’è stato ieri sera Edj Reja, un autolesionista, oltre che, come dice il deludente risultato, un perdente. Sia chiaro, perdere si può, ma con dignità e con la consapevolezza di essersela giocata. Il Napoli ieri, non è certo uscito dal campo con questa consapevolezza. E ora non si finga il contrario tirando in ballo la solita storia del carattere di questa squadra protagonista della grande scalata in quattro anni dalla C all’europa partendo dalle ceneri del fallimento. Basta con il passato, non usiamolo ogni volta che le cose vanno male come paragone in peggio per accontentarci di quanto ci accade ora. Se ci fosse stato quel carattere staremmo probabilmente scrivendo altro. Quel carattere ieri sera (ma non è la prima volta) non c’è stato e bisogna chiedersi perché invece di raccontarsi e raccontare favole per assolvere il lavoro di ciascuno, allenatore, direttore generale e presidente. Ognuno ammetta la realtà ed anche i proprio errori che l’hanno determinata.

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