Domenica pomeriggio mi sono emozionato. Non me ne vergogno anche se ho passato, almeno anagraficamente, da parecchio il tempo per certe emozioni.

Ma domenica è capitato qualche cosa di molto speciale, qualche cosa che non ha pari. Eppure ho vissuto in diretta al Comunale l’addio di “Le Roi Michel”, l’addio al calcio dell’icona Zoff e le separazioni da Baggio e Zidane.

Le ultime lacrime strozzate in gola le provai solo per la morte di Scirea. Poi il nulla, emozioni si ma molto meno forti di quelle che mi hanno attanagliato la mente e il cuore domenica, in un tardo pomeriggio grigio come la leggenda vuole sia Torino.

[oblo_image id=”1″]Quando, al 12′ della ripresa, sulla lavagna luminosa del terzo uomo si è acceso, più rosso che mai, il numero 10 ho realizzato che stava finendo un’era, che quell’uomo che si inchinava emozionato dinanzi al Suo pubblico, aveva definitivamente chiuso la sua carriera in bianconero.

Son passati 19 anni da quel luglio 1993 quando alla presentazione della nuova Juventus, in attesa dell’uscita dagli spogliatoi di Baggio e compagni, mi imbattei in un ragazzino con la faccia vispa e spaesata. Era la nuova promessa, come dicevamo tra gli addetti ai lavori, il nuovo Baggio. Lo fermai e scambiammo due rapide parole… emozionato Alessandro? “di più! Sono alla Juve e ancora non ci credo!”.

Non avrei mai immaginato che quel giovanotto avrebbe scritto le pagine più belle, anche nel periodo più brutto, della Juve. Eppure è stato così. E la prima avvisaglia di ciò che stava per accadere la si è avuta pochi mesi dopo, in una fredda giornata di dicembre, in una delle partite che si definiscono “classiche”: Juve-Fiorentina. Lancio lungo, esterno destro al volo tra due avversari e palla all’incrocio. Una perla che ha fatto esplodere il Comunale ed ha fatto capire ad un mito come Baggio che la sua avventura bianconera era finita.

Era nato un Capitano, il Capitano.

Da allora Alessandro Del Piero ha guidato la Vecchia Signora verso tutti i traguardi possibili, compresa la vittoria dell’unico campionato che ancora non avevamo vinto, quello di Serie B. Ed ha mantenuto la promessa di riportare la Juve dove deve stare: più in alto di tutti.

Ci sono voluti 6 anni, 3 stadi, 6 allenatori e tanta sofferenza agonistica. Ma c’è riuscito e lo ha fatto a suo modo, in silenzio, lavorando senza mai creare problemi, senza mai polemiche, da professionista anche per soli 480′ scarsi di gioco reale.

Ed è stato ripagato, dal tempo, dal pubblico, dalla società, dal mister, da quel terreno verde che lo ha reso e visto protagonista per due decenni con la stessa maglia.

Anche il meteo s’è inchinato rendendogli omaggio: erano previsti temporali e grandine ma così non è stato, il Capitano si congedava dalla sua gente e le uniche gocce autorizzate a cadere erano le lacrime dei 40000 sugli spalti.

[oblo_image id=”2″]È stata una uscita di scena perfetta, degna di un mito. La paura per la botta al ginocchio dopo 5′, il digrignare i denti per soffocare il dolore e l’emozione, i passaggi nervosi ma sempre precisi e poi quel tiro, scagliato senza guardar la porta… tanto Lui sa dov’è anche ad occhi chiusi così come sa che, là dove sta per mettere la palla, il portiere non ci arriverà mai.

Infine l’ovazione, l’inchino e quei 15′ di giro del campo con gli occhi lucidi a raccogliere applausi, inni e sciarpe bianconere. E poi quelle parole, semplici e fantastiche, che compaiono d’improvviso sul sito ufficiale e su Facebook… “di più niente”…

Hai ragione Alex. Di più niente. Di più niente per chi, come me ha idolatrato un Signore chiamato Platini, amato i tocchi felpati di Baggio e poi ha passato 19 anni a chiedersi se era migliore il Del Piero giocatore o il Del Piero Uomo senza riuscire a darsi una risposta.

Perché una risposta non c’è. Perché la risposta giusta la darò un giorno ai miei nipoti così come l’ho data ai miei figli “chi è Del Piero? È stato il più grande giocatore che la Juve abbia mai avuto. Ma più degli 8 scudetti, della promozione dalla B, di una Coppa Italia (speriamo due), di 4 super coppe italiane ed una europea, di una Champions, di una Intercontinentale, del gol alla Fiorentina, di un qualsiasi gol <<alla Del Piero>>, del gol di Tokyo, delle sue lacrime, del gol al Bari, di quello al Frosinone o di quel tacco al volo nel derby. Più del gol per l’Avvocato, della linguaccia contro l’Inter e dell’assist a David, più del gol 187, del gol alla Germania e del trionfo di Berlino. Più del titolo di capocannoniere di A e di B, della <<standing ovation>> del Bernabeu, delle 704 partite e dei 289 gol con la stessa maglia, più della punizione scudetto contro la Lazio e più del <<gol congedo>> contro l’Atalanta. Più di ogni record, più della fascia da Capitano… più di tutto la Sua maglia numero 10 è stata il simbolo che ha contraddistinto un Uomo vero, un Uomo con la U maiuscola. Uno dei pochi che dovete prendere come esempio!”

“…di più niente” Alex… Anzi no, ancora una cosa… Grazie!

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