[oblo_image id=”1″] In Inghilterra li chiamano underdog. Sono coloro che vengono ignorati dal pronostico della vigilia, sottostimanti al punto da passare inosservati. E spesso sovvertono le previsioni proprio perchè giocano senza avere nulla da perdere. Mai come quest’anno la Coppa Uefa – abitualmente stritolata dal fascino della Champions – sembrava destinata a riproporre una finale nobile. Tutti si aspettavano che a Manchester si ritrovassero Bayern e Fiorentina e già pregustavano la prima sfida di Luca Toni con la squadra che lo aveva definitivamente consacrato. Invece anche gli affidabilissimi bookmakers inglesi sono stati spiazzati. Zenit San Pietroburgo e Rangers hanno sfruttato al meglio il loro ruolo di outsider, affrontando le semifinali con la testa libera. E sono stati proprio i nervi, anche se con dinamiche diverse, ad essere fatali alle logiche favorite. Il Bayern ha peccato di presunzione. Con la Bundesliga ormai in cassaforte e con la consapevolezza di poter disporre di un potenziale offensivo atomico, la squadra di mister Hitzfield è entrata in campo sicura di fare poco di più di una passeggiata. E come spesso accade nel calcio in situazioni simili, ha rimediato una clamorosa figuraccia ricevendo quattro sonori ceffoni dagli indemoniati avversari.

[oblo_image id=”2″] L’eliminazione della Fiorentina è profondamente diversa ma anche in questo caso è stato decisivo l’approccio mentale. I gigliati sapevano di avere a disposizione un’occasione straordinaria per raggiungere un risultato storico contro un avversario tecnicamente inferiore. E per 120 minuti hanno buttato il cuore in campo spinti dall’ affetto del pubblico amico. Ma propria la pressione di avere tutto da perdere è risultata fatale. La Fiorentina ha assediato la porta scozzese difettando, però, in lucidità. Minuto dopo minuto, è cresciuta la paura di fermarsi ad un passo dal traguardo e i rigori hanno sancito la beffa della compagine di Prandelli. Non è un caso che dal dischetto abbiano sbagliato proprio due specialisti dotati di grande esperienza. Liverani e Vieri non possono essere i capri espiatori di una squadra che lungo il cammino europeo ha scritto uno splendido romanzo a cui è mancato solo il lieto fine.

Tuttavia, è la conferma di come spesso arrivare a fari spenti sia un vantaggio. Non è un caso che il Chelsea abbia raggiunto la sua prima finale di Champions League sfatando il tabù Liverpool nella stagione apparentemente meno propizia, infuocata dalle polemiche sull’esonero di Mourinho e sul gioco poco spettacolare del nuovo tecnico Grant. Ora però per Zenit e Rangers paradossalmente arriva il difficile: in finale non potranno più recitare il ruolo di underdog. Vedremo chi reggerà meglio la pressione. Alle grandi deluse, Bayern e Fiorentina, interessa poco: a loro vedere da lontano la sfida di Manchester servirà solo per risvegliare i rimpianti di ciò che poteva essere e non è stato.

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