Ninni Bruschetta ha ricostruito in forma teatrale la storia dell’omicidio di Giuseppe Fava, assassinato a Catania nel 1984 dalla mafia. Lo spettacolo, dal titolo L’istruttoria atti del processo in morte di Giuseppe Fava sarà in scena fino al 20 gennaio al Teatro Ambra Jovinelli di Roma, ed è interpretato da Claudio Gioè e Donatella Finocchiaro.

[oblo_image id=”2″]La sua è una trasposizione teatrale assolutamente fedele alla verità, a quella detta ed emersa dagli atti, ma anche a quella taciuta. E’ una operazione di teatro-verità, ma è anche un pretesto per raccontare un tempo e un luogo, per evitare che il tempo che passa divori anche la memoria delle cose e delle persone. L’omicidio di Giuseppe Fava si è tradotto in 234 udienze; ben 260 sono stati negli anni i testimoni ascoltati; ed oltre 6000 sono le pagine dei verbali prodotti. Cifre enormi, eppure, di quel processo poco conosciuto, oggi resta solo una sentenza di condanna, ormai definitiva e pochi ricordi, se non per i diretti interessati.

Riuscire ad andare oltre i riti della giustizia, o meglio vedere cosa ci sia dietro è forse la molla che ha spinto Claudio Fava, figlio di Giuseppe, e Ninni Bruschetta a raccontare questa istruttoria. Il loro è il desiderio di non far morire “per sempre” chi ha subito una inutile violenza; ma questo testo è a il racconto della rabbia dei sopravvissuti.

Claudio Fava, figlio della vittima, ha detto: Dopo aver letto questo testo mi sono chiesto a cosa serva un processo per omicidio. Là dove il peggio è fatto si continua a celebrare il male, aggiungendo al dolore l’oscenità; la tragedia è consumata, ma non è ancora finita perchè un tempo la celebrazione del processo era un momento di ritualità civile.

Forse voleva intendere che oggi c’è più civiltà in certo teatro che in alcune aule di giustizia. Questo spettacolo teatrale risponde pienamente a questa funzione che il teatro può e deve avere, è in fondo un privilegio poter parlare alla gente attraverso una ritualità, non più sacra, ma quantomeno civile. I testi di Claudio Fava, così come le sue sceneggiature e i suoi romanzi, sono un terreno fertile ed adeguato per coltivare questa aspirazione del teatro, e la sua voglia di salvaguardare la memoria ed arricchire la nostra cultura, con la celebrazione dei nostri eroi, è un atto di coraggio.

Al bando tutti coloro che invece da anni, attraverso film, racconti e quant’altro non fanno altro che mitizzare la mafia, raccontandone, come spesso avviene, il suo aspetto affascinante e malefico.

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