[oblo_image id=”1″] Sports Illustatred lo ha definito il momento più entusiasmante del XX secolo. Città del Messico, Ottobre 1968. È in programma la finale olimpica di salto in lungo. I favoriti della vigilia sono il campione uscente, Lynn Davis, e i detentori del record mondiale Ralph Boston e Ter-Ovanesyan. Bob Beamon è un semisconosciuto ragazzo di 22 anni, originario della Jamaica, che ha conquistato all’ultimo tentativo l’accesso alla finale. Osserva il primo salto dei suoi avversari più accreditati; la tensione li paralizza e costa loro un nullo.

Beamon prende fiducia e inizia la rincorsa: il resto è storia. Un balzo infinito, con la bocca spalancata e le braccia a remare nell’aria prima di planare sulla sabbia. Il pubblico rimane sbigottito ma per comprendere cosa sia successo bisogna attendere. I giudici si avvicinano al punto in cui è atterrato ma non possono stabilire il risultato. Il metro che possiedono è troppo corto. Ormai è chiaro che il record del mondo precedente di 8,35 m è stato superato ma non si sa di quanto. Si ricorre al metro utilizzato per il salto triplo, il giudice misura e rimane senza parole. Dopo qualche secondo, balbetta: “E’ incredibile, meraviglioso”. Poi annuncia al mondo intero il nuovo record: 8,90.

Beamon legge il risultato sul tabellone, ma non riesce a realizzare: deve rapportare quel numero alle yarde a cui è abituato. Quando gli spiegano cosa ha fatto, impazzisce e comincia a saltare, scoppia in lacrime, ha un conato di vomito prima di rimanere pietrificato davanti al display che mostra quelle tre cifre. Ancora frastornato al secondo tentativo ottiene una misura mediocre. Poi sfinito decide di non saltare più. Sa che nessuno può più spodestarlo dal primo gradino del podio, sa che con quel balzo ha rivoluzionato il mondo del salto in lungo per sempre. Il tedesco Beer ottiene l’argento con 8.19, Ter-Ovanesyan si piazza terzo. Ma di fronte all’impresa di Beamon, tutti gli altri sembrano piccoli piccoli. Al termine della gara, fondendo ironia e invidia, Davis gli dice: “Hai ucciso questo sport”. Le telecamere di tutto il mondo lo assediano, lui risponde: “E’ stata una sorpresa incredibile, ma a me le sorprese piacciono”

La carriera di Beamon inizia e finisce con quel leggendario salto: dopo non avvicinerà più quella misura e non otterrà altre vittorie importanti a livello internazionale. Quel record però lo consegna di diritto alla storia e dura per 23 anni, un’eternità in atletica. Ma un volo così infinito non può cambiare solo statistiche e annuali, cambia le persone. Anche Beamon non è più lo stesso. Al ritorno dalle Olimpiadi, prima si vede ricoprire da una montagna di soldi poi li dissipa passando da una Cadillac a sette televisori, da 32 paia di scarpe ad un guardaroba nuovo e tutto firmato.

Il lusso non gli piaceva, o meglio non gli era mai piaciuto finché non aveva potuto permetterselo. La moglie esasperata dai debiti, lo lascia. Toccato il fondo, Bob si riprende, si laurea in sociologia e inizia ad occuparsi come educatore dell’infanzia indigente di New York. Ma non rivela mai agli altri il suo vero nome. Perché quel balzo è come un segreto: una pietra così splendente da sbirciare appena per evitare che con la sua luce possa accecare.

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