[oblo_image id=”1″] Come insegna Nanni Moretti, le parole sono importanti. Sfoderare il termine “vergogna” per un pubblico reo di aver fischiato appare eccessivo. Anche se l’invettiva arriva da chi ha regalato al calcio italiano una delle più grandi gioie della sua storia, senza mai disdegnare la propria fama di antipatico di successo. L’ira di Marcello Lippi si è scagliata contro gli spettatori del Tardini, insoddisfatti per il gioco offerto dalla nazionale nell’ultimo impegno del girone di qualificazione contro Cipro. A rileggerne la carriera non si può negare come al tecnico toscano non sia mai dispiaciuto sentirsi un uomo contro nè la sua abilità nel motivare il gruppo quando la tensione tocca i picchi più elevati. Stavolta, però la sensazione è che abbia esagerato. E a farlo notare è stato Dino Zoff, con argomenti semplici ed ineccepibili: “Il pubblico fischia o invoca chi vuole. L’allenatore può prenderne le distanze, ma deve usare i giusti modi”. Anche perchè da che mondo è mondo, chi paga un biglietto ha il diritto di dissentire, a meno che non si tratti di una claque teatrale. In Spagna, i tifosi non esitano a sventolare polemicamente fazzoletti bianchi se lo spettacolo non è di loro gradimento: non si accontentano che la propria squadra vinca senza divertire. Lippi non ha tutti a torti a lamentarsi per una malcelata insofferenza verso i colori azzurri, ma non può pretendere di essere sempre acclamato nonostante nessuno abbia vinto come lui. Regge solo come attenuante  la considerazione che altri tecnici – vedi Mourinho – possano permettersi esternazioni altrettanto offensive contando su un colpevole appoggio mediatico. Analogamente non sarebbe giusto glissare consolandosi con le immagini di Maradona completamente fuori controllo nei festeggiamenti post qualificazione della sua Argentina. Il condottiero di Viareggio bada giustamente più al lavoro in campo che alla comunicazione. Ma se scivola nell’insulto, dà ancora maggiore spazio alla critica. Chiarisca il senso delle sue parole ed eventualmente ne corregga il tiro: la missione sudafricana non può partire con musi lunghi e malumori interni. Non è vero che la gente non ami più la nazionale: provate a chiedere per strada e scoprirete quanti stanno sognando di poter rivivere le notti magiche di Berlino 2006. E anche se potrà apparire strano al nostro ct, sono contenti che sia proprio lui a guidare la truppa.

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