[oblo_image id=”1″]C’è poco da dare fuoco alle polveri quando sono bagnate. La partenza col botto, quest’anno, al Festival del Cinema di Roma non è proprio riuscita. Risparmiata (per ora) dalla pioggia che ha tormentato la scorsa edizione, l’edizione 2009 della rassegna capitolina si è aperta più nel segno del local che del global.

La passerella, si sa, sempre piace al personaggio locale. Venezia, che (si) vanta quarti di nobiltà che per ora Roma sembra non aver guadagnato, non è mai stata esattamente esente da starlette. Non è quindi un caso che sul tappeto rosso romano si siano scatenate le star del momento: i politici. Sindaco (Alemanno), ex sindaci (Rutelli + Palombelli), presidenti di Provincia e Regione Lazio (Zingaretti, fratello d’arte, e Marrazzo) e l’onnipresente Gianni Letta per il governo.

Presenza istituzionale, certo. E il cinema? Subito dietro, verrebbe da dire. Ma con tutto il rispetto per la madrina Margherita Buy (brava ma non proprio scintillante) e Danis Tanovic, venuto a presentare il suo “Triage”, tratto dal bestseller di Scott Anderson, per il debutto ci si aspettava qualcosa di più. Colin Farrell, protagonista della pellicola, non si è fatto vedere, mentre Paz Vega è diventata l’idolo dei fotografi con un abito sobrio, giusto in tono con la guerra del Kurdistan al centro del film: c’è chi ha commentato che, indecisa, sul da farsi, abbia scelto un vestito con la schiena nuda e lo spacco inguinale. Divisa da trincea.

Tentando di parlare della pellicola, “Triage” è un film che mantiene (quasi) tutte le buone promesse. Tanovic torna a parlare dei danni della guerra dopo “No man’s land”, stavolta dalla parte dei reporter, testimoni certo, ma anche “vittime sopravvissute” di conflitti i cui traumi colpiscono in profondità. Tema interessante e originale a suo modo, alla portata del regista, che restituisce a Farrell un profilo “europeo” probabilmente mai visto. Un film tra la guerra e la morte, su quella sottile linea che spesso un colore può decidere di spostare. Crudo, spietato (forse eccessivamente), ma con il merito di aver dato almeno una sveglia a suon di bombe (ne bastavano anche meno) a un Festival del Cinema che aspetta ancora di fare colazione.

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