[oblo_image id=”1″] E’ il Tour a fare grandi i corridori e non viceversa. Lo ripeteva allo sfinimento Jean Marie Leblanc, storico organizzatore della corsa ciclistica più importante al mondo. Ne sono convinti anche i francesi per cui il Tour è un’istituzione, un tempio, una fede osservata devotamente da milioni di appassionati. Niente può abbatterlo come le cime più gloriose delle Alpi o dei Pirenei. I campioni passano, il Tour rimane. Eppure, a Brest dove si stanno celebrando gli ultimi rituali prima della partenza dell’edizione numero 95, si respira un’aria diversa. Perchè è difficile non gettare la spugna quando un giorno si celebra l’impresa della nuova maglia gialla e l’indomani la si vede defenestrare per un fatale controllo antidoping. Perchè risulta arduo parlare di credibilità quando – come nel 2006 – bisogna attendere mesi per sapere il nome del vincitore passando da un’aula di tribunale all’altra in ossequio all’infinito iter di appelli e controappelli. Se il ciclismo fosse uno sport come un altro, sarebbe stato già sepolto dai sospetti e dagli scandali. Per fortuna, può contare sulla stessa forza popolare con cui è nato. Così la gente si ostina ancora a riempire le strade accettando ore di attesa pur di vedere transitare i propri beniamini per una manciata di secondi, i piccoli paesi continuano ad aspettare il passaggio della carovana con l’entusiasmo dei giorni di festa, le televisioni di tutto il mondo lo incoronano come terzo evento sportivo dopo le Olimpiadi e i mondiali di calcio.
E’ il Tour a fare i grandi corridori, diceva Leblanc, ma mai come in questo caso sono i protagonisti del pedale ad avere la responsabilità di salvare il salvabile. E’ la loro fatica a poter espiare i tanti peccati di questi ultimi anni, è la loro lealtà a poter evitare nuove macchie. Non ci sarebbe niente di meglio di trascorrere tre settimane commentando solo duelli in salita, imprese di solitari fuggitivi, volate mozzafiato. Perchè le pagine più belle sono sempre state scritte sulla strada. Ed è lì che devono pensarci i corridori a regalare emozioni. W tutti come recita uno degli striscioni più ricorrenti. Stavolta non sono ammessi passi falsi: forse c’è in palio qualcosa di più importante della maglia gialla.