
Vincitore di sette premi Oscar, Schindler’s List è l’ennesimo capolavoro di Steven Spielberg. Prodotto nel 1993, il film è uno dei migliori documentari per testimoniare le atrocità commesse durante l’Olocausto. Ispirato al romanzo La lista di Schindler, di Thomas Keneally, il film narra la vicenda di un imprenditore realmente esistito, Oscar Schindler, che grazie alla sua “lista” di operai ebrei, riuscì a salvarli dalle atrocità della Shoa.
Gli incassi del film furono usati da Spielberg per creare e sostenere una fondazione in onore delle vittime della Shoa. Il film è proposto in bianco e nero, fatta eccezione per quattro sole scene: l’iniziale, raffigurante delle candele che si spengono, la finale, dove sono ripresi tutti gli ebrei salvati da Schindler e le due scene centrali riguardanti la famosissima bambina con il cappotto rosso, vittima anch’essa delle violenze naziste.
L’utilizzo del bianco e nero aggiunge angoscia e grigiore all’intera pellicola, perché annienta ogni sentimento di allegria o vivacità. Le scene con la bambina e il suo cappotto rosso, invece, sono ambivalenti: possono rappresentare la speranza che inevitabilmente il colore rosso, così di impatto, da allo spettatore, ma anche rimandare al colore del sangue, elemento inevitabilmente molto presente nel film.
Spielberg è riuscito a creare un film che documenta in maniera cruda e realistica le atrocità commesse in quegli anni, ma senza mai cadere nella retorica.
L’espediente della lista rappresenta la riacquisizione di quell’identità violata, soppressa e cancellata dalle forze naziste, ma vuole anche porre l’accento su come questi crimini riguardassero delle persone qualunque e non solo la popolazione ebraica in senso lato, perché il dramma della Shoa è qualcosa che riguarda l’umanità intera.
“Chiunque salva una vita, salva il mondo intero”: dovremmo ricordarcelo tutti i giorni, non solo il 27 gennaio, perché l’unico modo per evitare che tali crimini siano ricommessi, è ricordare ciò che è successo. Il passato è destinato a ripetersi, se dimenticato.