[oblo_image id=”1″] Vinicio Capossela dice spesso che il porto è per le canzoni quello che il polline è per i fiori, perché nel porto le tradizioni musicali cambiano pelle e lingua, ma conservano il dolore e la mancanza che le hanno motivate. Nei grandi porti del Mediterraneo, dell’Atlantico, del Mississippi, del Rio de la Plata, nascono le grandi musiche dell’assenza come il fado, la morna, il blues, il tango.

A Salonicco, quasi cento anni fa, nasce il rebetiko. Fin dagli inizi vanta una componente eversiva, ha con sé il cromosoma della ribellione. Il suo etimo lo riporta infatti al turco rebet, ribelle, ma anche feccia, lo strato ultimo ed emarginato della società. Viene proibito dalle dittature, ma rifiorisce sempre. Più che un genere musicale, diventa un modo di vedere la vita. Il rebete sa guardare in faccia il dolore e dire la verità in un mondo di bugiardi. Nelle Grecia attuale, massacrata e vilipesa, il rebetiko è riaffiorato sulle labbra dei cantanti, espressione di fierezza, di resistenza, di irriducibilità.

Il tour europeo di Capossela, partito lo scorso febbraio da Malaga, Madrid e Barcellona, proseguito a Parigi e Zurigo, toccherà: DUBLINO, LONDRA, AMSTERDAM e di nuovo PARIGI, per approdare il 18 aprile a GENOVA.

Per il concerto di chiusura del tour di Rebetiko Gymnastas, posto più adatto della Sala Chiamata non si poteva trovare. Emblema del lavoro, della lotta e dell’emancipazione, cuore portuale della città, sede storica di grandi emozioni popolari, come le esequie del console Paride Batini e il leggendario concerto di Fabrizio De André del 1975, la Sala Chiamata aprirà eccezionalmente le sue porte a Vinicio Capossela, al suo progetto più anticonvenzionale, al gruppo italo-ellenico che l’ha accompagnato per oltre 70 concerti in Italia e in Europa, al colosso del bouzouki Manolis Pappos.