[oblo_image id=”4″]Mi dispiace: stiamo cercando un figlio di buona donna con la faccia da brava persona, non una brava persona che si comporti come una buona donna.
Questa frase riassume il leit motiv del Metodo Gronholm, spettacolo teatrale dello spagnolo Jordi Garceland, portato in scena in Italia, con un ottimo consenso di pubblico, da una più che convincente Nicoletta Braschi e dagli intensi: Enrico Ianniello, Armando De Ceccon, Tony Laudadio, per la regia di Cristina Pezzoli.
La pièce ha fatto tappa, dal 21 al 24 febbraio, allo Spazio Mil, di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, tenendo gli spettatori con il fiato sospeso per tutta la serata, nell’intento di scoprire la vera identità dei personaggi. La sinossi, con cui ci si può facilmente identificare, è molto originale per uno spettacolo teatrale, e la decisione di metterla in scena, porta a dedurre come certe situazioni possano, anche nella loro normalità, apparire grottesche e surreali e nel contempo essere molto raccrapiccianti.

[oblo_image id=”1″]Nel Metodo Gronholm gli ultimi candidati ad un incarico manageriale di una importante multinazionale, sono convocati per essere sottoposti alle prove finali del processo di selezione. Fin qui tutto da routine. A chi non è mai capitato di sostenere un colloquio di lavoro? Ma niente è come sembra. I finalisti vengono, infatti, sottoposti ad allucinanti test psicologici che hanno l’obiettivo di mostrare le loro vere personalità, mettendo a nudo le loro vite personali.Umilianti giochi psicologici che sembrano non finire mai, che sfiniscono i partecipanti e che li spogliano delle loro maschere e difese. Ma il finale inaspettato, ribalta tutta la sinossi e quello che sembrava la verità, è per tre dei candidati pura finzione, lasciando lo spettatore ancora più incredulo, davanti a certe tecniche di selezione del personale. Sconcertante della pièce teatrale è la consapevolezza che tutte le prove, a cui sono sottoposti i personaggi, sono ispirate ad autentiche tecniche di recrouting, che l’autore ha riunito per la loro incredibilità, in una rappresentazione giustamente ed efficacemente surreale e grottesca. Il gioco, come metafora delle relazioni umane, come lo stesso autore afferma, diventa quindi, nel Metodo Gronholm, il referente assoluto.

[oblo_image id=”7″]E’ un’ opera da non perdere per la particolarità della storia e la bravura degli attori. Applausi prolungati sono andati all’interpretazione del casertano Enrico Ianniello, qui convincente candidato ciociaro, burino, cinico e pavido; e alla flemma surreale, che ben conosciamo, di Nicoletta Braschi, unica candidata donna, che forse per copione sembra un po’ in ombra rispetto alla tempra dei tre personaggi maschili, anche se nel finale sarà lei a prendere la decisione più importante. L’idea dello spettacolo nasce addirittura da un aneddoto reale. In una busta dell’immondizia furono infatte trovate annotazioni di selezionatori sui candidati ad una posizione di cassiere in un supermercato, quali: straniero grasso, padre alcolizzato, grassoccia con brufoli. I selezionatori si erano quindi sentiti in diritto di valutare in base alle apparenze, perché come ci spiega il Metodo Gronholm, ed è questa la preoccupante morale della rappresentazione teatrale: non importa chi siamo, né come siamo, ciò che conta è cosa gli altri deducono. La nostra autentica identità non interessa a nessuno, a parte noi stessi.

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