Sono oltre diecimila le “specie straniere” attualmente presenti negli ecosistemi europei. La lista, comprendente sia animali che piante, è stata stilata dai ricercatori del progetto europeo Daisie ed è stata presentata ad inizio febbraio durante un convegno in Slovenia. ”Delle 10.677 specie che abbiamo censito – spiega David Roy, uno degli esperti che ha compilato la lista, al settimanale New Scientist – non tutte sono “invasive” (che cioè prendono il posto di quelle autoctone) ma questo avviene tuttavia nel 10% dei casi “. L’elenco stilato dai ricercatori riguarda tutti gli ecosistemi, dai fiumi ai fondali marini. La nazione più colonizzata dalle specie estranee – definite aliene dagli studiosi – è la Gran Bretagna, che ne accoglie 2.950, mentre l’Italia è a metà classifica con 1.500, di cui più di seicento sono invertebrati. La maggior parte delle specie, circa 10.500, e’ arrivata in Europa accidentalmente, a bordo di camion, aerei e navi o nuotando, ma non mancano esempi di introduzioni volontarie non riuscite.

[oblo_image id=”1″]Una delle specie più devastanti secondo lo studio è quella delle coccinelle del genere Harmonia axyridis, introdotte in Europa nord-occidentale per controllare gli afidi: questa specie si è trovata così bene da riprodursi incontrollatamente, eliminare le “sorelle” indigene e alla fine danneggiare la frutta che avrebbe dovuto proteggere. Un altro esempio di “alieno pericoloso” e’ il pesce palla argenteo, giunto dall’Asia e velenoso per l’uomo. Per quanto riguarda il nostro paese l’animale più da temere fino ad oggi è la zanzara tigre, che oltre ad essere fastidioso è anche un ospite che a sua volta può portare alcuni virus mortali, responsabili di malattie tropicali.

[oblo_image id=”2″]Non mancano tuttavia, anche in passato, esempi di queste specie che, una volta introdotte in Italia, sono entrate a far parte stabilmente dei nostri ecosistemi. Un famoso caso è quello del pesce siluro, un predatore importato dall’Europa centrale e oggi diffuso nelle acque dolci italiane. Il suo arrivo risale agli anni 1950-60, quando fu immesso in cave o laghetti a pagamento e poi diffuso in vari bacini fluviali, soprattutto dell’Italia settentrionale. La sua introduzione negli ecosistemi italiani ha provocato un grave danno alla rara fauna ittica autoctona, già minacciata dall’elevato inquinamento e dalle molteplici attività antropiche. Altro caso di “specie aliena” in Italia è quello della vongola filippina (Tapes philippinarum). Fu introdotta nel Mediterraneo nel 1983 e da allora ha dato grandi problemi alla nostra vongola verace (Tapes decussatus). Entrambe hanno carni ottime e ricercate, ma sono distinguibili perché la varietà filippina ha i due sifoni fusi, mentre quella nostrana li ha liberi.

Forse sarebbe il caso di cominciare a controllare meglio le nostre “frontiere ecologiche”, specialmente quando ad attraversarle sono dei veri mostri, pericolosi per noi e il nostro ambiente.

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