[oblo_image id=”2″] Di sicuro non ci sara’ bisogno di raccontare la straordinaria vita normale di  Pavel  Nedved proprio perche’ e’ un grande campione di umilta’, oppure si, perche’ la sua e’ una storia meravigliosa di una persona vera, semplice ed educativa nello stesso tempo. Nel suo libro- biografia LA MIA VITA NORMALE edito da ADD,la sua vita ripercorsa in tutte le sue sfumature cosi’ come raccontato al grande pubblico del Salone del Libro nell’incontro a cura di Roberto Perrone, dove ha ottenuto un grandissimo successo con l’intera sala gialla colma in ogni ordine di posti.  Dalla sua nascita  a Cheb, un piccolo centro di confine della Repubblica Ceca, fino ai primi calci al pallone e alla passione esplosa per quello sport delle grandi masse e dei guadagni astronomici, senza dimenticare arroganza e disarmonia, aspetti ben noti che si acquisiscono in media nella sua professione quasi  in un battibaleno, ecco il professionista serio che non ti aspetti: punto di forza dello Sparta Praha, massima  istituzione calcistica nazionale e poco considerato fuori dai confini nazionali anche perche’ un perfetto sconosciuto fino al 1996, anno dello strabiliante europeo d’Inghilterra e della consacrazione della Repubblica Ceca come sorpresa del torneo (come ricorderanno gli amanti delle statistiche, l’Italia di Zola usci’ subito al primo turno anche grazie alla sconfitta subita contro i Ceki) battuta solo in finale dalla devastante Germania di Bierhoff. Da quel torneo, la fucina di grandi campioni fino a quel momento semisconosciuta, usci’ allo scoperto e cosi’ anche il nome di Pavel desto’ interesse in tutta Europa; e siccome lui era un predestinato di una grande carriera, fu il Presidente laziale Cragnotti ad assicurarselo dopo un’accesa concorrenza con squadroni di mezza Europa.  Arrivo’ alla Lazio come emerito sconosciuto in una squadra in continua evoluzione, lo svedese Eriksson fu il suo coach con Roberto Mancini (ex tecnico dell’Inter e attuale del Manchester City) prima compagno di squadra e poi vice allenatore: ma in generale con tutti ha sempre avuto un rapporto splendido, lo testimoniano i risultati ottenuti come la Coppa delle Coppe e lo Scudetto contrastato nel 2000, soffiato sul filo di lana proprio alla Juventus che diventera’ la sua consacrazione di campione e uomo vero. Nel campionato successivo, Nedved mortifica nuovamente Del Piero e compagni  con una sonora sconfitta e una doppietta davanti al proprio pubblico, ma proprio l’anno dopo, a seguito dell’allontanamento di Carlo Ancelotti alla guida juventina e il ritorno di Marcello Lippi dopo un disastroso campionato all’Inter (molte furono le perplessita’ ma alla fine l’operazione si fece) Pavel sbarco’ a Torino tra l’indifferenza generale forse perche’ ancora visto come un nemico (temibile era dire poco) e nello stesso tempo fu molta l’indignazione negli ambienti romani perche’ evidentemente nessuno voleva perdere un giocatore del suo calibro. In quella Juve che si presentava rinnovatissima (oltre a lui infatti c’erano Buffon, Salas e altri campioni illustri) fatico’ e stento’ parecchio nelle sue prime uscite, tanto che il suo primo goal ufficiale con la casacca bianconera arrivo’ a dicembre; si parlo’ di una cessione imminente, di un ambientamento mal riuscito, di tante maldicenze e dicerie popolane, ma Pavel rimase al suo posto e pian piano conquisto’ il cuore del suo foltissimo pubblico fino ad entrare nelle grazie di tutti. I successi arrivarono col tempo, la Juventus ritorno’ ad essere vincente e il buon Nedved divenne come un ottimo Dolcetto delle Langhe: migliorava col passare del tempo, campionato dopo campionato. Dai tanti titoli vinti, a quella finale maledetta di Champions League contro il Milan accarezzata per un attimo ma sfumata per la banale squalifica dovuta ad un cartellino giallo di troppo a pochi minuti dalla fine: vedere Pavel seduto in giacca e cravatta in tribuna a Manchester faceva indubbiamente effetto perche’ lui doveva essere nella mischia con la sua “divisa” gia’ sporcata dopo pochi minuti di gioco, cosi’ come lui prediligeva sempre di  essere … questo e’ il vero Pavel Nedved!  Dopo il Mondiale del 2006 dove le parti si ribaltarono rispetto al 96 (disputo’ un buon girone ma venne eliminato dagli azzurri poi vincitori del Titolo; emblematico fu un suo abbraccio con Buffon a fine gara dopo che lo tempesto’ di conclusioni da ogni parte del campo) fu tempo di scelte, dato lo scoppio violento ed inatteso di calciopoli e la relativa retrocessione juventina, ma anche allora il biondo Pavel ci stupi’ tutti ed annuncio’ di voler restare e partecipare alla rinascita della sua squadra  mentre altri compagni di squadra, personaggi sicuramente meno blasonati di lui scelsero l’esodo. Corteggiatori ne aveva, in primis quel Mancini che dalla posizione di comando all’Inter meditava gia’ il colpo (peraltro ripetuto anche in annate diverse dopo il ritorno in massima serie) poi la stessa Lazio che si diceva pronta a riprenderlo, ma ogni discorso cadde nel nulla e Nedved dopo aver riportato la sua Juve nel posto che le competeva disputo’ altri due campionati di ottimo livello prima di annunciare il suo ritiro, nonostante gli inviti rimasti invano a proseguire,dove miglior finale non si sarebbe potuto chiedere in una domenica di maggio dopo un Juventus – Lazio (passato e presente nell’amarcord della sua lunga carriera) con tanto di passerella e sfilata finale che lo consacrarono definitivamente nell’olimpo dei grandi campioni. E se sul campo fu un professionista esemplare, anche nella sua vita privata non fu da meno:  schivo e per nulla amante della mondanita’ (per sua stessa ammissione disse che a Roma, in tutta la sua militanza laziale, ci mise piede solo quattro – cinque volte) trovo’ in Torino il suo ambiente ideale, con la moglie Ivana ed i figli Pavel ed Ivana ha sempre formato una famiglia tenera e felice senza ombre e dubbi. Il rapporto splendido col presidente Andrea Agnelli fa si che attualmente sia consigliere nel CdA Juve ed il fatto di non essere stato tenero con l’attuale rosa bianconera per il momento difficile attraversato con l’ennesimo campionato deludente (neppure oggi alla presentazione della sua biografia) fa capire quanto anche lui  resti amareggiato e condivida che lo spirito Juve e’ ben altra cosa; lui puo’ sicuramente dirlo perche’ lui e’ la Juve!

Advertisement