[oblo_image id=”5″]Il Napoli è crollato. Un’altra amara sconfitta ha trafitto il cuore dei 50.000 del San Paolo (e non solo), accorsi in massa per la bella, ma solo temporanea, campagna di saldi attuata dalla società. Amara per come è arrivata, per la misura in cui è arrivata e anche per l’avversario con cui è arrivata (con tutto il rispetto per l’Empoli). Tutti, e soprattutto i “pro Reja”, hanno immediatamente accusato il nuovo modulo di gioco che ha debuttato proprio contro i toscani. In settimana era stato provato e deciso il passaggio al 4-3-2-1 puntualmente messo in atto domenica. Purtroppo non ha sortito effetti positivi ma la colpa non può essere del modulo che, per ora, non si può giudicare per ben due motivi: primo, una partita con giocatori espulsi è sempre una partita a sé in cui non si attuano appieno i moduli per forza di cose (mancano giocatori appunto); secondo, si è giocato una sola partita con questo modulo, non si possono emettere verdetti definitivi al primo colpo dopo che il vecchio 3-5-2 non aveva invece passato tanti esami in quest’anno e mezzo e pure era stato sempre confermato.

Finiti i sogni di gloria (Coppa Uefa), ora sarà finalmente chiara a tutti la vera realtà del Napoli, invischiato nella lotta per non retrocedere e costretto a guardarsi dietro anziché avanti.

Nei singoli ci sarà sicuramente smarrimento, ma è normale. Se una partita la vinci e l’altra la perdi, schianti l’Udinese due volte ma poi perdi con Cagliari ed Empoli, pareggi a Roma splendidamente ma poi ti arrendi senza fare nulla a Genova, è normale che il gruppo, e ognuno fra sé e sé, si chieda che tipo di squadra sia il Napoli, cosa sia capace di fare, quali siano le sue reali potenzialità e quali traguardi possa raggiungere. All’inizio fu detto decimo, dodicesimo posto, poi fu il tempo dell’Uefa, ora lo spettro triste della retrocessione. Ancor di più in un gruppo pieno zeppo di giovani quale quello azzurro, il senso di smarrimento dovuto all’altalena di risultati e di gioco sarà ancora maggiore.

[oblo_image id=”3″]Poco importa a Reja di tutto ciò, lui è in una botte di ferro e lo sa. Sa che rimarrà al suo posto fino alla fine della stagione perché se avessero voluto licenziarlo lo avrebbero già fatto (alla società non piace cambiare in corsa, ormai si è capito), e sa che, comunque vada, il prossimo anno il Napoli avrà un altro allenatore. Sicuro di questo può permettersi di fare tutto e il contrario di tutto proprio come ha affermato De Zerbi qualche giorno fa. In un’intervista rilasciata a Sky, il fantasista, appena giunto a Brescia, si è subito tolto qualche sassolino dalla scarpa. Ha rimpianto di essersene andato da Napoli, ha riconosciuto i suoi errori, ma ha soprattutto lanciato qualche frecciatina (anzi frecciatona) proprio al tecnico friulano. “Sono andato via perché non giocavo, e siccome faccio ancora il giocatore, un giocatore vuole giocare. A Napoli non ne ho avuto la possibilità, un po’ perché quando mi hanno dato la possibilità non ho fatto bene, e poi perché c’era un allenatore che non mi vedeva, non so nemmeno se mi abbia mai visto, nel senso di apprezzato come tipo di giocatorebisogna avere le idee chiare per fare delle cose e Reja non le ha mai avute. Se uno prende come esempio la stagione dell’anno scorso, quante formazioni, quanti moduli si sono cambiati. Abbiamo fatto tutto e il contrario di tutto. Certo, di sicuro non ho reso e alla fine in campo ci andavo io, per cui non voglio dare colpe all’allenatore, anzi ho ringraziato Napoli e il Direttore che mi ha portato a Napoli” (l’allenatore no?, perché?). Infine ha riaperto a un ritorno in maglia azzurra: “Ci tornerei a Napoli. Voglio vedere prima come sto qui a Brescia, ma non ho chiuso le porte al Napoli perché non ho avuto problemi con la città o la società, ma ho avuto problemi puramente di natura tecnica.

[oblo_image id=”1″]De Zerbi ha proprio ragione, le idee chiare Reja proprio non le ha, anzi, non le ha mai avute. Tutti gli allenatori cambiano modulo durante una partita o una stagione, non è questo il punto. Ma i cambiamenti poi si notano, finiscono per sortire effetti al livello di gioco. Nel Napoli no. Con qualunque modulo il caro Edy schieri la formazione il gioco è sempre carente per non dire inesistente. In quattro anni di gestione solo nell’ultimo, questo in corso, si sono intravisti barlumi di bel calcio, ma sempre dipendenti dal singolo, dalla sua inventiva in quel preciso istante. Lavezzi che indovina una serpentina delle sue, Hamsik che effettua un bell’inserimento, Zalayeta che s’inventa gol d’ottima fattura. Per capirci, nella Roma Perrotta (nulla contro di lui, ne prendiamo uno a caso) sbaglia anche 3 gol a partita, ma l’impianto di gioco fa si che determinate situazioni favorevoli si producano sempre, in ogni gara. Nel Napoli no, è tutto affidato alle individualità. Non a caso ci sono voluti giocatori di un certo livello per vedere qualche bella giocata, perché di apprezzare il gioco in sé non se n’è mai parlato. E in serie C si diceva che fosse proprio il campionato ad essere solo muscoli, corsa e calci; e allora va bene, avanti con un elementare 4-4-2 senza spettacolo, l’importante è che si ritorni in cadetteria. In serie B si doveva diventare il Milan con il 4-3-1-2 progettato in estate, salvo poi ricredersi appena alla nona giornata (dopo il capitombolo di Bergamo con l’Albinoleffe) e passare ad un molto più difensivo 3-5-2 (ma sarebbe meglio dire 5-3-2) lasciando marcire in panchina mezza campagna acquisti (per informazioni chiedere a Bucchi e De Zerbi, ma anche a Pià). In serie A eravamo tutti pronti ad assistere, finalmente, al tanto sospirato calcio spettacolo grazie ai talentuosi nuovi acquisti. Ebbene, gli uomini (anzi i ragazzi) talentuosi sono pure arrivati, ma sto gioco? Beh, il gioco continua a non esserci, la squadra appare sempre e solo legata all’iniziativa dei singoli che, se non sono in giornata, Dio ce la mandi buona.

[oblo_image id=”4″]Eppoi non si spiega perché questi giocatori siano in palla una volta sì e la successiva no. In tutte le squadre del mondo ci sono periodi di forma del gruppo e dei singoli. Al Napoli no. La squadra alterna risultati con una facilità impressionante (e anche disarmante), i singoli più che periodi di forma attraversano partite di forma. Questa domenica si, l’altra no, addirittura il primo tempo si, il secondo no. Assurdo, semplicemente assurdo. Si parla spesso di condizione psicofisica. Beh, forse quella è la chiave. Il fisico non dipende solo dai muscoli e dalla preparazione, ma anche dalla testa. Siamo sicuri che i giocatori del Napoli stiano bene di testa? Non che siano matti o scemi, ma che siano tranquilli e consapevoli delle loro possibilità così come dei loro limiti. Beh, per la verità non siamo affatto sicuri di ciò a maggior ragione se un avversario (Buscè in questo caso, ma non è stata il primo) a fine partita afferma: “La preoccupazione c’era sul volto del calciatori partenopei”. Senza testa è pericoloso, molto pericoloso. Si rischia di non riprendersi più dopo batoste come quella di domenica o come quella di Genova. E pensare che il calendario da qui in poi non è agevole, come non è agevole nessun finale di campionato affrontato sull’onta della retrocessione.

[oblo_image id=”2″]Ragioniamo. Non ipotesi e opinioni, calcoli, semplici calcoli, anche se non matematici. Mancano 15 giornate alla fine e considerando che sei il Napoli le giocherà contro squadre sulla carta superiori (Inter, Roma, Juve, Fiorentina, Milan, Lazio) significa che, realisticamente, gli azzurri devono cercare e trovare i punti salvezza nelle rimanenti nove gare di cui ben sette fuori casa (Livorno, Genoa, Reggina, Catania, Parma e Torino) e solo tre (Palermo, Atalanta e Siena) a Fuorigrotta. Considerando che gli azzurri hanno finora conquistato 21 dei loro 27 punti fra le mura amiche, ci sembra difficile che riescano ad invertire questa tendenza così all’improvviso, anche se lo speriamo vivamente. L’alternativa sarebbe fare qualche risultato con le grandi che si affrontano in casa (Inter, Roma, Fiorentina e Milan).

Insomma, il cammino che attende il Napoli da qui alla fine della stagione è impervio e pieno di insidie. Chi scrive, da napoletano doc e tifoso azzurro, spera con tutto il cuore che la squadra si salvi (non vorremo mai remarvi contro), ma spera altrettanto che Reja vada via da quella panchina al più presto possibile. Pensiamo che siano davvero in pochi quelli che riuscirebbero a fare peggio di lui con quest’organico. Come sempre, ogni lunedi, rinnoviamo l’invito: Reja, lasci la mano.

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