L’ANCE Piemonte , nella splendida e 
suggestiva cornice di Palazzo Nervi o Palazzo del Lavoro, cuore pulsante
di ITALIA 61 e creata ad arte per 
festeggiare il primo centenario dell’Unita’ d’Italia, mette a confronto
Amministratori, Imprenditori, Professionisti ed Istituti di Credito per
condividere soluzioni idonee ed innovative, volte alla ripresa dell’economia
regionale.

[oblo_image id=”1″] Occorra un nuovo approccio alla sostenibilità – tema centrale nell’attuale
dibattito tecnico e culturale – all’interno del quale il paesaggio, elemento di
forte identità culturale, soprattutto in Italia, possa rappresentare un ruolo
di primaria importanza. Nel Convegno verranno discusse tematiche importanti per
la ripresa del settore, approfondendo pertanto modelli innovativi per l’assetto
del territorio, nei quali il paesaggio diventa un elemento centrale, motore di
un rinnovato sviluppo territoriale e socio-economico, verso una vera “Green
Landscape Economy”: un modello tutto italiano, visto la delicatezza e bellezza
dei propri paesaggi. La crisi economica ci pone di fronte ad un forte dilemma:
come rilanciare l’economia e allo stesso tempo salvaguardare il fragile
equilibrio ambientale? Occorre un nuovo approccio alla sostenibilità,
all’interno del quale il paesaggio, elemento di forte
identità culturale – soprattutto in Italia – possa rappresentare un ruolo di primaria
importanza. Diventa indispensabile ragionare non più in termini di singoli
progetti ma
di
processi complessi, fondati su strategie che mirano alla
valorizzazione delle risorse esistenti e all’attivazione di sinergie
tra le diverse
azioni progettuali con l’obiettivo di migliorare l’efficienza, l’operatività e
l’economicità dell’intero sistema. Modelli innovativi nei quali il paesaggio diventa un elemento
centrale, motore di un rinnovato sviluppo territoriale e socio-economico, verso una vera “Green
Landscape Economy”
, un modello tutto italiano, visto la delicatezza e
bellezza dei propri paesaggi. Un modello economico che incorpora il limite
ecologico-ambientale al proprio interno, integrando le specificità
territoriali, promuovendo forme di “creatività ecologica” e nuove modalità di “lavorare
con la natura”. In tale scenario l’asse Genova-Torino-Milano-Venezia,
idealmente espandibile fino a Trieste, rappresenta un laboratorio
perfetto dove sperimentare politiche e azioni innovative. Tutto ruota attorno
alla fascia infrastrutturale: Torino con il suo nuovo appeal
internazionale dopo le Olimpiadi del 2006 e il futuro collegamento alta
velocità con Lione; Novara e il suo ruolo di interporto; Milano con Expo 2015; Bergamo e
il grande successo di Orio al Serio e del parco scientifico-tecnologico
Kilometro Rosso fino a Veneto City, tra Padova e Mestre, un intervento
che punta
alla densificazione di funzioni urbane fungendo al
contempo da grande infrastruttura ambientale.Un’area che ben si presta
per un grande
progetto strategico come occasione per mettere in mostra le eccellenze, i nuovi
progetti, le migliori iniziative pubbliche e private e promuovere al contempo
progetti innovativi per il recupero e la valorizzazione paesaggistica e
ambientale. Un’occasione per lanciare un messaggio di un rinnovato rapporto con un territorio
tra i più produttivi d’Europa. Un territorio che da tanto tempo chiede
risposte a domande che nascono dai problemi dello sprawl urbano, dai modelli di incondizionata
crescita e da
un
continuo inquinamento soprasoglia, in attesa di una nuova
forma di economia
capace di risanare
le ferite e nel contempo di rilanciare una
produttività all’insegna della Green Landscape Economy.

La Green
Landscape Economy: alla ricerca di un format

 Affrontare
la questione della valorizzazione dei beni ambientali e culturali come motori
di un rinnovato sviluppo territoriale e socio economico può rappresentare più
che un buon auspicio per il futuro del paesaggio italiano.
 Project to protect” suona una massima anglosassone,
che ci ricorda che per ogni azione occorre un progetto, un’idea capace di
coniugare gli aspetti funzionali-gestionali con quelli economici oltre a quelli
estetici, forse l’unico aspetto in grado di farci ragionare sulla qualità di
una determinata azione. Una qualità come risultato di un dialogo aperto e
continuo tra le parti, un confronto su idee e proposte diverse tra loro ma
sufficientemente approfondite da poter incidere sull’indifferenza e la
banalizzazione, atteggiamenti sempre più diffusi nel Vecchio Continente.
 Si tratta di lavorare nei territori e con i territori, cioè
valorizzando innanzitutto le risorse locali, prima tra tutte il paesaggio che
non è altro che lo sguardo della cultura rivolto al territorio, che attraverso
questi occhi è capace di cogliere potenzialità inesplorate, ricchezze
inespresse, decifrandone ogni possibile intenzione.
 Con la scoperta di queste potenzialità si possono sviluppare
progetti che mettano in connessione i diversi attori e che su questo circuito
virtuoso ne attraggano altri che, agganciandosi a questo rinnovato modello di
sviluppo, sappiano trasformare l’originalità e le specificità del territorio in
un sostenibile paesaggio produttivo. Bisogna quindi immaginare un nuovo
approccio capace di generare processi strategici che sappiano dare risposte
immediate, ma in una logica di prospettive future.
 Serve una riflessione condivisa, aperta e coinvolgente, anche
attraverso un confronto con esperienze internazionali di successo, affinché il
territorio, possa diventare a tutti gli effetti un nuovo motore economico,
inserendosi a pieno titolo tra i filoni della green economy, soprattutto
attraverso la rinascita di un nuovo paesaggio, onesta rappresentazione di un
ritrovato rapporto tra cultura e natura, tra tradizione e innovazione.
 Per quanto i progetti e le strategie possono essere diversi nelle
tematiche da affrontare, nei contesti nei quali si collocano e negli attori che
coinvolgono, si possono sintetizzare e trovare alcuni punti che li accomunano
tutti:
 

1) Occorre una
regia ed un osservatorio a livello regionale che sappiano individuare le aree
di maggiore sofferenza, mettendole a confronto tra di loro.

2) Occorre
individuare e promuovere attori locali che abbiano un forte legame con il
territorio e nel contempo siano aperti al confronto con gli altri.

3) Occorre
un’articolazione per linee tematiche che possano trovare analogie con altre
regioni sia nazionali che internazionali.

4) Occorre la
stesura dei programmi pluriennali con scadenze e procedure certe al di là di
ogni appuntamento elettorale.

5) Occorre
definire a priori gli obbiettivi da raggiungere.

6) Occorre
assumere uno standard minimo di qualità a favore della sostenibilità
ambientale.

7) Occorre
mettere in atto le procedure concorsuali, per poter sempre scegliere la
soluzione migliore per il territorio interessato.

8) Occorre
promuovere il dibattito su progetti ed idee attraverso tutti i mezzi di
informazione.

9) Occorre
integrare fin dall’inizio i soggetti privati, affinché il processo di
qualificazione non si esaurisca con l’intervento pubblico.

10) Occorre darsi
un brand che possa garantire la massima visibilità sul territorio.

L’elaborazione di
masterplan flessibili capaci di adattarsi alle esigenze che gradualmente si
vanno costruendo resta un elemento determinante, uno strumento dalle
connotazioni informali capace, però, di generare soluzioni formali.
 In tutto questo è evidente che la disciplina che si limita al
disegno del paesaggio mostra tutti i suoi limiti. Oggi bisogna affinare
ulteriori capacità, raccogliere esperienze, costruire una nuova impalcatura
creativa capace di sviluppare masterplan che somiglino sempre di più a
strategie proprie del marketing più che dell’architettura, individuando
processi che siano in grado di analizzare e prevedere le trasformazioni nel
tempo passo dopo passo, in una logica temporale di breve, medio e lungo
periodo.

Un nuovo modello di sviluppo verso la Green Landscape Economy

Un nuovo approccio alla sostenibilità, nella quale il
paesaggio, elemento di indubbia identità soprattutto in Italia, possa giocare
un ruolo di primaria importanza.

Partendo dal presupposto che ogni nuovo progetto di trasformazione del
territorio possa diventare un tassello di recupero ambientale, cercando di
trarre il maggior vantaggio possibile dall’esistente, mettendo a sistema il
contorno. Il paesaggio, perduta la sua connotazione ornamentale – passiva che
una logica compensativa gli attribuiva, diventa un elemento centrale nelle
nuove politiche di sviluppo, alla ricerca di un rinnovato rapporto con il nostro
territorio. L’obiettivo è elaborare strategie di intervento che mirano alla valorizzazione
delle risorse esistenti e all’attivazione di sinergie tra le diverse azioni progettuali,
con l’obiettivo di migliorare l’efficienza, l’operatività e l’economicità
dell’intero processo.

LA LOCATION DELL’EVENTO: IL
PALAZZO DEL LAVORO: UN EDIFICIO SIMBOLO DELL’EDILIZIA TORINESE

Il Palazzo dell’Esposizione
Internazionale del Lavoro è stato progettato nel 1959 dall’ingegneri Pier
Luigi Nervi, dal figlio Antonio e da Gino Covre
per ospitare l’Esposizione
Internazionale del Lavoro nell’ambito dei festeggiamenti di “Italia ‘61”,
centenario dell’Unità d’Italia, che vide proprio in Torino il fulcro dei
festeggiamenti. L’Esposizione fu voluta e organizzata per illustrare sul piano
mondiale il vertiginoso progresso tecnico e sociale raggiunto, nonchè
l’evoluzione del lavoro umano nell’ambiente in cui questo si svolge. Costruito
e ultimato nella primavera del 1961
in una zona del quartiere di Nizza
Millefonti che prese successivamente il nome di “Italia ‘61”, rappresenta un
notevole esempio di struttura espositiva per dimensioni e innovazione tecnologica
.
 Lodato da numerose personalità e testate
di architettura per le innovative tecnologie impiegate, il Palazzo del
Lavoro , che occupa una superficie totale di 25.000 mq, è caratterizzato
da un grande padiglione con copertura a base quadrata di 40 metri per lato,
suddiviso in sedici moduli indipendenti. Ciascun modulo è sorretto da un
pilastro centrale di 25 metri, rastremato in altezza, che termina con
una caratteristica raggiera di travi in acciaio, dal diametro di 38
metri. L’esterno è composto da un complesso sistema di lamelle frangiluce,
la cui inclinazione varia a seconda dell’esposizione solare. Il piano interrato
ospitava in origine una grande sala conferenze, due sale cinematografiche, una
piccola struttura ricettiva e locali di servizio. Il grande salone era
originariamente provvisto di quattro caffetterie agli angoli e soluzioni
versatili che ne sottolineavano la vocazione fieristico-congressuale,
non legata solamente a Italia 61 ma anche ai futuri eventi che la città avrebbe
ospitato. Dalla metà degli anni Novanta l’edificio ha ospitato alcuni uffici
del Centro Internazionale BIT – Agenzia delle Nazioni Unite e, fino al 31
dicembre 2008, ha ospitato anche una sezione distaccata della Facoltà di
Economia dell’Università degli Studi di Torino. Dal 2009 il Palazzo è stato
occupato da sporadiche attività commerciali, ma progressivamente abbandonato
per via degli ingenti costi di gestione, fino ad essere incluso in tempi
recenti all’interno di un progetto di riqualificazione.