Campioni e vicecampioni del mondo due anni fa, ultimi e penultimi ora. Nel calcio tutto cambia in fretta e non sempre per il meglio. Al montento del sorteggio, sfogliando il calendario Italia e Francia pregustavano l’ultimo turno del girone D dell’Europeo come l’ennesimo capitolo di una saga infinita che ha rinfocolato una storica rivalità. Invece, lo scontro diretto di martedì rischia seriamente di essere solo un’inutile appendice, una triste passerella per chi pensava di avere davanti a sè un lungo cammino e invece ora teme di essere giunto al capolinea. Ma quali sono le ragioni di questa debacle?

[oblo_image id=”1″]La Francia è vedova del suo condottiero. Anche adesso la rosa è competitiva con campioni affermati, ma per troppo tempo i blues si sono adagiati sulle magie di Zinedine Zidane. Era lui a prendere per mano la squadra nei momenti difficili, a dettare i ritmi di gioco suonando la carica o addormentando la gara sempre con infinita sapienza. Un direttore d’orchestra che consentiva agli altri di limitarsi ad eseguire lo spartito. Ora che non c’è più, i transalpini annaspano. Hanno ancora qualche sussulto d’orgoglio, ma hanno perso la loro anima. A completare l’opera ci pensa Domenech, un allenatore che si considera vincente anche se non ha mai vinto, infallibile anche quando sbaglia, intoccabile anche se la sua panchina scricchiola.

[oblo_image id=”2″] Contro la Romania, l’Italia ha mostrato di non essere ancora sazia. Ha reagito con carattere alle tre sberle incassate con l’Olanda. Non l’hanno accompagnata i nervi e la sorte. Ha creato tanto, ha sbagliato altrettanto. La grinta è la stessa del 2006, la lucidità no. In Germania gli azzurri sbagliarono pochissimo. Non sempre regalarono molto allo spettacolo, quasi mai regalarono qualcosa agli avversari. La Nazionale di Donadoni paga improvvise amnesie difensive e pesantissimi errori in avanti. A dire che le partite sono decise dagli episodi si cade in un luogo comune ma non si finisce lontano dalla realtà. E così ci rimangono i rimpianti per le occasioni fallite da chi di solito è freddissimo sotto porta e le reti regalate su un piatto d’argento agli avversari. Ultimo capo d’accusa è l’insofferenza a rinnovarsi. Spagna e Portogallo hanno puntato decisamente sui giovani. Hanno cancellato Raul e Figo con tanti saluti, si coccolano adesso le prodezze dell’ultima generazione di fenomeni. In Italia si vedono con diffidenza i debuttanti. Si giustificano le esclusioni degli ultimi arrivati con la mancanza d’esperienza senza spiegare come sia possibile acquisire questa benedetta esperienza senza giocare.

Magari l’Olanda darà una lezione di sport impegnandosi nell’ultima gara di qualificazione senza fare calcoli o pastette. Tuttavia, per Francia ed Italia incombe il pericolo di giocare ad una lotteria dove non sono previsti premi, di sfidarsi senza una posta in palio. E visto che nel calcio tutto cambia in fretta, la probabile defezione di Ucraina e Polonia per l’organizzazione degli Europei del 2012 apre un’intrigante scenario: Italia e Francia per una volta alleata nell’ospitare la prossima rassegna continentale. Un patto provvisorio in attesa che il campo torni ad essere il teatro della battaglia. Perchè le rivalità non si spengono anche quando non c’è una Coppa del Mondo da contendersi. 

 

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