La sanno lunga i Pooh, quaranta anni e oltre di musica italiana ancora in tournè.

E lo dimostrano anche con la loro ultima fatica: il Beat Re-generation tour che segue l’uscita del loro album.

[oblo_image id=”1″]Beat re-generation, titolo che rimanda subito alla Beat Generation ma qui non si tratta dei letterari Ginsberg, Kerouac, Burroughs e Corso, per i Pooh il rimando d’obbligo è al Beat musicale italiano, quel prodigo periodo musicale fatto di gruppi (come Rokes, Bisonti, Ribelli, Corvi, Formula 3, Equipe 84, Sorrows, I Quelli, Califfi e Le Orme), che sono entrati, anche se alcuni solo per poco, nella storia delle musica italiana e ora tutti omaggiati in maniera cerimoniosa in questo album di Facchinetti e soci.

Ma qui, tra i Pooh, si dice re-generation perchè i quattro ripropongono alla loro maniera, rimodellando fortemente i pezzi originali, per forgiarli nuovamente in una personalissima chiave musicale, rigenerandoli per l’appunto.

Così comincia il concerto in un palco che sembra troppo grosso quando è vuoto, stretto com’è da quelle due mastodontiche gigantografie in bianco e nero di foto d’epoca, mentre gli schermi intrecciano giochi di luce (pixel e bit) accompagnando l’anima di una musica che sembrava andata perduta.
Gli intenti della scenografia sono chiari nel loro rimando d’oriente, all’India ad esempio cantata da I Giganti.
In fondo tutte queste canzoni che hanno subito la fase di re-cuperation parlano di un tempo in cui l’India era più vicina, se non nei sapori, nei colori e nelle idee.

Il Beat, è strettamente legato all’oriente e al continente indiano, sia quello letterato che ha visto poeti come Ginsberg peregrinare per le città sacre dell’India e sia quello musicale che si è lì affacciato dopo lo sdoganamento effettuato dai Beatles.

Grande lavoro di recupero in effetti ed è un merito che va attribuito senza aggettivi, che va tributato a questo storico gruppo perché se da un lato è considerato facile re-incidere successi come “Eppur mi son scordato di te”, “29 settembre” o “Nel cuore e nell’anima”, ci vuole davvero molto coraggio nel proporre come singolo “La casa del sole” ( dei Bisonti) alle radio commerciali dei giorni nostri.

Ma loro possono e lo hanno fatto, perché come dice Canzian dal palco “l’abbiamo vissuto ed era un periodo straordinario”, quasi a soffocare con un sorriso beffardo un “peggio per voi che non c’eravate”.

Così chi c’era e c’è ancora ha voluto omaggiare chi non c’è più, concentrando in un disco una vena di ispirata creatività che era rimasta lì, sotto alla polvere del tempo e sotto allo stratificarsi di altri dischi che nulla hanno a che fare , ad esempio, con “ A pugni chiusi”de I Ribelli.

Ma i Pooh sono storia della musica italiana e così è facile osservare ai loro concerti un passaggio di testimone o generazionale, per restare in tema con il loro ultimo cd, dove sono le madri che accompagnano le figlie ai concerti.

Il concerto di Acqui Terme è un piccolo evento (il secondo concerto estivo per la città termale che in precedenza aveva ospitato Jovanotti sempre all’Ottolenghi) e prende corpo per mano di una esperta regia creativa, quella di un gruppo che per repertorio potrebbe suonare per tutta la notte!

Dopo la chiave beat, i quattro si lasciano andare in quello che forse è il corpo molle del concerto, un gruppo di canzoni amato dallo zoccolo duro dei loro fans ma forse un po’ ostico per chi non ne conosce tutta la storia.

Questa parte centrale è dedicata alle donne, in particolar modo a tutte quelle che sono entrate nel repertorio musicale dei Pooh, sia come protagoniste che come appassionate. Nelle varie pause la presenza scenica dei quattro è indiscutibile mentre concedono al loro pubblico aneddoti privati o meno.

Perfino in una serata fredda come quella di Acqui Terme, sul prato di uno stadio con una pessima acustica, il carisma del gruppo ha avuto la meglio arrivando a esplodere nel composito e concentrato medley finale che rapisce al ritmo di “ Uomini soli”, “Tanta voglia di lei”, “Pensiero”e “Chi fermerà la musica”.

Il concerto termina e fuori dall’Ottolenghi risuonano beffarde le parole di Canzian l’abbiamo vissuto ed era un periodo straordinario, quasi a soffocare con un sorriso un peggio per voi che non c’eravate perché stavolta in una piccola polemica locale, i cancelli sono rimasti chiusi fino alla fine.

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