[oblo_image id=”1″] Per gli appassionati di scacchi Fischer era un po’ quello che per il calcio è stato Maradona. Eccentrico, discutibile, spesso indifendibile nella vita privata ma immenso per quello che regalava durante le partite. La notizia della sua morte, giunta a 65 anniin Islanda dove aveva trovato asilo politico, rattrista inevitabilmente tutti gli amanti del nobil gioco. Bambino prodigio, campione statunitense appena quindicenne, fin dall’inizio apparve come l’unico in grado di interrompere l’egemonia russa. Profezia che si avverò nel 1972, quando in un’ indimenticabile sfida a Reykyavik detronizzo Boris Spassky. “Il match del secolo” – come venne soprannominato dai media – regalò agli scacchi un’ineguagliata pubblicità che fece impennare il numero di iscritti nei club di tutto il mondo.

[oblo_image id=”2″]Dopo aver conquistato la “corona” ed essere diventato una celebrità in un’ America ancora impantanata nei veleni della guerra fredda, Fischer dichiarò a sorpresa il suo ritiro dalle manifestazioni ufficiali. Da allora la sua figura è stata sempre accompagnata da un alone di mistero, che ne ha accresciuto il mito. Il suo sospirato ritorno avvenne nel 1992, quando decise di riaffrontare il suo vecchio amico-rivale Spassky.  Il fuoriclasse americano scelse come location l’ex Jugoslavia in aperto contrasto con il governo statunitense che in quella delicata fase politicavietava ogni accordo. Fischer vinse anche il match di rivincita ma fece nuovamente perdere le sue tracce subito dopo. Rimbalzavano voci su avvistamenti a Budapest e poi nel sud est asiatico. Le sue uniche parole ufficiali erano affidate un paio di telefonate deliranti in cui si dichiarava vittima di una cospirazione internazionale giudaica. Nel 2004 il mondo scacchisticoviene sconvolto dalla notizia del suo arresto: ufficialmente per un passaporto scaduto ma i rapporti con il governo americano erano insostenibili dai tempi delmatch di rivincita.

[oblo_image id=”3″] Puntuale l’intervento diBoris Spassky, con una lettera indirizzata al Presidente degli Stati Uniti: “Non voglio difendere o giustificare Bobby Fischer. Lui è fatto così. Vorrei chiederle soltanto una cosa: la grazia, la clemenza. Ma se per caso non è possibile, vorrei chiederle questo: la prego, corregga l’errore che ha commesso François Mitterrand nel 1992. Bobby ed io ci siamo macchiati dello stesso crimine. Applichi quindi le sanzioni anche contro di me: mi arresti, mi metta in cella con Bobby Fischer e ci faccia avere una scacchiera.”

Negli ultimi anni, ad offrirgli ospitalità e riservatezza è proprio l’Islanda, il teatro del suo più grande trionfo. Ed è proprio con l’immagine della sua incoronazione a campione del mondo che preferiamo ricordarlo. Le sue partite sono ancora oggetto di studio per i campioni dell’ultima generazione, cimeli cari anche ai semplici curiosi. A conferma di come i grandi geni superino i confine del tempo. E anche i limiti del carattere.

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