Donald Sterling, storico proprietario dei Los Angeles Clippers, è praticamente fuori dall’Nba. Non lo vuole più il commissioner, non lo vogliono più i suoi giocatori ed è stato ripudiato anche dai tifosi. Diceva un vecchio adagio: “meglio stare zitti a costo di far sospettare di essere stupidi piuttosto che aprire bocca e togliere ogni dubbio”. Le frasi riportate alla fidanzata colorate da un inquietante razzismo – neppure strisciante – sono risultate fatali alla sua carriera nella pallacanestro: “Portati i neri dove vuoi, anche a letto ma non farti fotografare con loro e non ti far vedere con loro alle partite, neanche se si trattasse di Magic Johnson”.
Basta e avanza per essere messi alla porta. Lo ha detto il miglior giocatore al mondo, LeBron James: “Non c’è più spazio per Donald Sterling nell’Nba”, lo ha ribadito il presidente Obama: “Certe frasi sono inaccettabili”. Il commissioner ha fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità per sancirne l’addio chiedendo una multa di 2,5 milioni di dollari, l’obbligo di vendere i Clippers e l’inibizione a seguire qualunque altra partita del più importante campionato al mondo. Un’atmosfera surreale ha accompagnato i Clippers – che persino nella stagione più ricca di successi della loro storia non hanno diritto a un briciolo di serenità – e che fa passare in secondo piano i playoff in corso.
In una lega che ha sempre fatto della libertà il proprio tratto distintivo e che ha accolto senza strascichi il primo caso di outing di un campione in attività (Collins), alcuni sproloqui rappresentano un triplo salto mortale all’indietro che non può essere sopportato. Sterling se ne andrà e tra i possibili acquirenti dei Clippers si fa strada il nome di Magic Johnson: poco importa che abbia scritto alcune delle pagine più straordinarie dei Los Angeles Lakers; dinanzi all’affronto di commenti razzisti, l’ex maglia 32 gialloviola ha denotato l’interesse a rilevare la franchigia – si parla di una cordata con Guggenheim Partners – con un happy end tutto all’americana.
Una sorta di lezione di civiltà. Ci sono peccati che non si cancellano; Donald Sterling lo sa e anche lui oramai è rassegnato all’idea di essere per l’Nba un ex che nessuno rimpiangerà.