[oblo_image id=”1″] “Come vivere? E’ una domanda da farsi non solo alla fine di un millennio, di un secolo o di un anno. Bisogna chiederselo tutti i giorni interrogandosi su cosa ci aspetta oggi. La mia risposta è che si dovrebbero fare le cose bene, perchè non c’è maggior soddisfazione di un lavore ben fatto”. E le cose le faceva davvero bene Mario Rigoni Stern, scomparso dopo una lunga malattia nella sua Asiago. Una penna sempre raffinata capace di raccontare se stesso e il mondo con disarmante facilità, sempre con immutata passione. La sua carriera letteraria inizia dopo gli anni cruciali al fronte dove si conquistò la medaglia d’argento al valore militare. Proprio l’esperienza in divisa ispira il suo esordio autobiografico Il sergente della neve in cui racconta la drammatica campagna di Russia inserendosi nel substrato neorealista. Da quel momento la sua produzione è quanto mai ricca. Lo splendido scenario offerto dalle natie montagne diventa al tempo stesso teatro e protagonista dei suoi testi. Ma il rispetto per la natura e per il bello comporta anche l’affermazione di quei valori che consentono all’uomo di placare le proprie inquietudini e di rapportarsi serenamente con gli altri. La critica lo consacra definitivamente con Storia di Tonle fregiandolo dei premi Campiello e Bagutta. Seguono altri successi tra cui ricordiamo Uomini, boschi e api, Amore di confine e Le stagioni di Giacomo (Premio Grinzane Cavour). Nel 1999 si impegna in una fruttuosa collaborazione con Marco Paolini da cui nascerà il film Ritratti: Mario Rigoni Stern per la regia di Carlo Mazzacurati. E’ una pellicola che esalta la memoria: affrontare il passato può riaprire vecchie ferite ma è fondamentale offrire la propria esperienza alle nuove generazioni. Le sue ultime fatiche letterarie sono del 2006:  Racconti di guerra e Stagioni sono l’ultimo regalo di un autore straordinario che ha segnato il Novecento con uno stile inconfondibile.