[oblo_image id=”1″] E’ facile stare dalla parte di chi vince. Esaltarsi per un gol. un canestro, un colpo vincente. La vera passione si mostra dopo una sconfitta o quando l’unico trofeo da alzare al cielo è un cucchiaio di legno accompagnato dal sarcasmo di chi ti guarda non giudicandoti all’altezza. Lo diciamo ora perchè il rischio è che l’ennesima debacle della nostra nazionale di rugby – strapazzata per 28-6 dalla modesta Scozia – possa spegnere l’entusiasmo intorno al mondo della palla ovale. Ed invece, proprio dal solitario ultimo posto in classifica nel Sei Nazioni e da una prestazione incolore senza mete e senza sussulti, bisogna ripartire. Da cosa? Intanto dallo spirito di molti dei nostri giocatori più rappresentativi: gente che come capitan Parisse e i fratelli Bergamasco potrebbe giocare senza sfigurare in nazionali molto più competitive. E poi ripensando a tutta la fatica necessaria per affacciarsi sui palcoscenici più importanti, fermarsi ora significherebbe buttare al vento il lavoro di anni. Meglio fare autocritica e di motivi di riflessione la disfatta di Edimburgo ne ha regalati parecchi. Solita partenza incoraggiante con gli azzurri che reggono per 20 minuti (6-3 per i padroni di casa). Sembra, anzi, che ci sia spazio per il sorpasso con gli uomini di Mallett che tengono costantemente il possesso palla nella metà campo scozzese. Ma qui nascono i problemi. Le nuove regole hanno disinnescato la maul, la nostra miglior arma realizzativa e i mesi di preparazione non sono bastati per trovare un piano di riserva. Manca qualità nei passaggi con il rischio che la supremazia territoriale si trasformi in un boomerang. Immancabile arriva sempre un errore che lancia il contropiede avversario. Chiudiamo il primo tempo sotto 16-3 e non abbiamo la forza di risollevarci. La ripresa diventa un calvario scandito dai calci piazzati del cecchino Paterson (e pensare che i nostri rivali si sono presi il lusso di lasciarlo inizialmente in panchina). Senza scossoni si arriva al 26-6 conclusivo che segna l’ennesima caduta del rugby azzurro. Sperando e lavorando affinchè sia anche il momento della svolta. C’è sempre tempo per rinascere.

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