[oblo_image id=”1″] Quando parli con un uomo sulla quarantina, ascolta bene le sue parole badando al tono. Se ti sembra freddo, distaccato lascia perdere. Se ritrovi il guizzo, la curiosità e la spensieratezza di un adolescente, puoi star certo che stai colloquiando con qualcuno di speciale. E bastano poche battute per capire che Silvio Fauner ha una marcia in più anche senza gli sci ai piedi. Forza di un campione straordinario capace di prendere la corona da re in casa dei re e di ricordare con lo stesso entusiasmo quando da ragazzino giocava nella neve con i compagni. Non è un caso che dopo aver concluso una carriera straordinaria, stia raccogliendo risultati importanti anche come direttore tecnico della nazionale azzurra seguendo la marcia d’avvicinamento ai mondiali di Liberec del prossimo mese.

Sono passati quindici anni dalla staffetta di Lillehammer con l’oro conquistato in volata beffando Daelhi. Cosa rimane della pagina più bella dello sci di fondo italiano? Quella vittoria sarà sempre speciale per le condizioni in cui è arrivata. Conquistare l’oro in casa della Norvegia (il parlamento e il re assistevano alla gara pregustando già il successo) superando un fuoriclasse che appariva imbattibile come Daelhi era il realizzarsi di un sogno. Nei giorni successivi, ripensavo a quando da ragazzino guardavo con stupore alle Olimpiadi per capire quanta strada avessi fatto.

Ora è il direttore tecnico della nazionale. Si soffre di più da atleta oppure da allenatore la pressione è ancora maggiore? Difficile dirlo perchè sono due fatiche diverse. Mi ricordo da agonista la sofferenza quando mancavano dieci metri di salita e le gambe si rifiutavano di andare avanti. Da tecnico c’è l’angoscia di vedere i tuoi atleti senza poter entrare in pista per aiutarli.

Mario Cotelli, il tecnico che costruì negli anni ’70 la valanga azzurra nello sci alpino ripete spesso come il segreto di quella squadra fosse la rivalità interna. Ora che nel fondo la nostra nazionale recita un ruolo da protagonista, crede anche lei che la competizione tra compagni possa essere una risorsa? Sì. Una squadra di grande livello con tanti campioni può essere più difficile da gestire, ma una sana rivalità può far bene dando ulteriori motivazioni e stimoli. Il fatto che in un gruppo ci siano più atleti in grado di vincere è senz’atro una fortuna.

Se dovesse convincere un ragazzino ad iniziare a praticare lo sci di fondo, che parole userebbe? Il primo obiettivo deve essere il divertirsi e possibilmente farlo stando a contatto diretto con la natura. Mi ricordo da ragazzino quante giornate ho passato con i coetanei a giocare con la neve: non avevamo playstation o computer ma ci divertivamo un mondo. Ecco, quello è il primo passo.

E se si ha qualcosa di speciale dentro, può capitare che nel corso del cammino si diventi campione olimpico.

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