[oblo_image id=”1″] Sarà rimpianto come capita ogni volta che si ritira un giocatore unico. Magari non il più forte, ma qualcuno dallo stile e dal modo di fare inconfondibile. Marat Safin ha annunciato che il 2009 sarà il suo ultimo anno da professionista della racchetta. Lo ha fatto in modo eccentrico e non poteva essere altrimenti per un talento cristallino abituato a far parlare di sè dentro e fuori dal campo. Si è presentato in conferenza stampa a Perth nel primo torneo stagionale con un occhio pesto. Un “ricordo” di quello che lui ha definito come un antipatico diverbio ma con le sembianze di una rissa. Il campione russo si è giustificato dicendo di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, ma alle sue marachelle siamo ormai abituati. Anche per questo fa uno strano effetto sentirgli dire che ormai con il tennis ha chiuso, che ha voglia di fare solo un altro giro sulla ruota prima di scendere definitivamente. Difficile che ci ripensi anche se i programmi per il futuro sono tutt’altro che chiari. “Farò qualcos’altro ma non so bene cosa. Per il momento gioco ancora un pò”. Nessun bluff, Safin è esattamente così: imprevedibile per gli altri e per se stesso. Capace di diventare numero uno al mondo ancora giovanissimo facendo presagire un futuro radioso per poi perdersi tra distrazioni, vizi e capricci. Recordman assoluto per racchette distrutte in momenti di rabbia, impareggiabile nel rifiutare la convocazione in Coppa Davis per togliersi lo sfizio di scalare l’Everest, istrionico nel voler deridere ogni avversario, arbitro o pubblico. Un pò come Giammarco Pozzecco nel basket, un Peter Pan riluttante a crescere e forse anche per questo ancora più simpatico. Ci mancherà: ma in quest’ultimo anno ci regalerà altri momenti da cineteca. Ne siamo certi. 

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