La necessità aguzza l’ingegno recita il proverbio. Volenti o nolenti, le nostre squadre sono costrette a seguire l’adagio in vista della prossima campagna acquisti. Sono finiti i tempi in cui Juve, Milan o Inter potevano accappararsi le stelle più luminose del firmamento europeo contando su ingenti risorse economiche e sul prestigio della serie A. Ora i rapporti di forza si sono invertiti: grazie ad una migliore organizzazione la Premieri League inglese e la Liga spagnola dettano legge e portare i fuoriclasse in Italia è diventata impresa improba.
[oblo_image id=”1″] E così le società di casa nostra cercano strade alternative, calibrando la mira sapendo che il bilancio non consente colpi a vuoto. Nelle ultime ore il Milan ha ufficializzato l’acquisto di Mathieu Flamini dall’Arsenal. Una pedina senz’altro importante per i rossoneri che finalmente potranno contare su una maggiore rotazione dei centrocampisti dando respiro ai soliti Pirlo, Gattuso ed Ambrosini. Un’operazione senz’altro valida che ricorda quella compiuta con successo dalla Juve con Mohammed Sissoko. Il maliano ha subito confermato le sue qualità divenendo immediatamente il faro della mediana bianconera. Ma pur applaudendo a queste mosse, viene spontanea un’altra considerazione. Malinconica se non nostalgica. Sissoko e Flamini, infatti, sono elementi di valore ma non sono mai stati pilastri di Arsenal e Liverpool. Il maliano era confinato in panchina dal monolitico tandem Gerrard–Mascherano, mentre a Londra nessuno si è strappato i capelli per la cessione del francese ben sapendo che la punta di diamante del centrocampo dei gunners è Cesc Fabregas. Insomma, non potendo arrivare ai giocatori top class bisogna accontentarsi di quelli che stanno alle loro spalle. E riavvolgendo il nastro all’estate scorsa scopriamo altri esempi istruttivi. Mentre Inter e Milan si azzuffavano per Suazo – discreto attaccante ma mai giunto a livelli eccelsi – il Liverpool investiva pesantemente per assicurarsi le prestazioni di Fernando Torres e il Manchester United non badava a spese per portare all’Old Trafford l’argentino Tevez.
L’altra opzione è quella di puntare sui giovani. Ma anche in questo caso i club esteri appaiono molto più avanti. Il Milan ha messo mano al portafoglio per Pato, l’Inter e la Juve hanno cresciuto in casa Balotelli e Giovinco. Sembrano però casi isolati piuttosto che il risultato di una strategia a lungo termine come quella di Arsenal o Barcellona che continuano a sfornare talenti in serie senza preoccuparsi di svezzarli in Champions League. Insomma, l’assenza del Belpaese dalle semifinali della massima competizione internazionale non può essere imputata solo alla sorte. L’impressione è che la forbice con i colossi di Spagna ed Inghilterra si stia allargando, la speranza è di trovarci di fronte ad una crisi passeggera. Un’esame di coscienza sugli errori e i peccati del nostro calcio rimane comunque il primo passo per risalire la china. Perchè sarà pur vero che la necessità aguzza l’ingegno ma se non si capiscono le ragioni di una crisi collettiva si rischia di vivere in una cronica condizione d’inferiorità.