[oblo_image id=”1″]“Bambini. Come vola il tempo”. Presentato al 26° Torino Film Festival il nuovo documentario del regista tedesco Thomas Heise, ancora una volta incentrato sui nuovi proletari della Germania industriale.
Lunghi silenzi. Un abile uso del bianco e nero. Conversazioni intime, quasi delle confessioni. Primi piani e lunghe immagini di treni in corsa nelle distese tedesche.
Heise fa entrare piano e in modo discreto il pubblico in una piccola e sfortunata famiglia tedesca del cuore della Germania, raccontandola in modo coinvolgente ma semplice, senza mai cedere a fronzoli o facili sentimentalismi.
Jeanette è una ragazza madre di ventiquattro anni che vive con i suoi tre figli, Tommy, Paul e Annabelle, è senza lavoro e sogna di diventare un giorno una autista di autobus. E’ molto fiera del suo figlio più piccolo Paul, adora la piccola Annabelle ma è in pena per i continui colpi di testa dell’ormai maggiorenne Tommy. La storia si intreccia ad un certo punto con quella dei genitori di Jeanette e del loro ultimo figlio Tino, con idee molto vicine al neo movimento naziskin e per questo in continua lite con i genitori.
La frase finale “la bocca nasce insieme all’urlo” fa da contro altare ad un documentario portato avanti attraverso lunghi e “intimi” silenzi, scene molto spesso private dell’audio che rendono il tutto molto discreto e affascinante. Molto belle le sequenze della partita di calcio del piccolo Paul, ripreso praticamente in tutte le sue azioni, che denotano un’eccellente capacità dietro la macchina da presa del regista Heise.
Per gli amanti del genere strettamente documentaristico Heise dà prova nuovamente di un grandissimo talento: fra le parole si insinua il paesaggio, facendo nascere un affresco poetico e di straordinario impatto visivo della Germania contemporanea.
Consigliato ai “documentaristi”.